Il Sole 24 Ore

PER RILANCIARE GLI INVESTIMEN­TI NON INTERROMPE­RE IL LAVORO FATTO

- Di Graziano Delrio

La discussion­e avviata in questi giorni dal Sole 24 Ore sugli investimen­ti può essere utile al paese se sarà fondata su elementi reali e analizzerà in maniera obiettiva le cause e il peso sulla crescita e l'occupazion­e italiana di una stagnazion­e degli investimen­ti.

La prima questione è se vi sia stagnazion­e. Gli investimen­ti totali, pubblici e privati, nel 2014 erano pari a 271 miliardi, nel 2017 avevano raggiunto i 300 miliardi con incremento solo nell’ultimo anno del 3,8%. Le politiche messe in atto sono state quindi efficaci per l’occupazion­e e la crescita del paese, con un incremento di investimen­ti superiore alle previsioni economiche. Questo dato è spesso offuscato nei commenti sugli investimen­ti cosiddetti pubblici, inclusi nel perimetro Istat delle Pa. Tali investimen­ti sono costanteme­nte calati (con eccezione del 2015) dai 36 miliardi del 2014 ai 33 miliardi del 2017. Ma sono poco più del 10% degli investimen­ti totali. Dunque si discute, come se fosse la chiave di tutto, di un decremento di 3 miliardi a fronte di un incremento di quasi 30 miliardi degli investimen­ti complessiv­i.

Lo stimolo agli investimen­ti di comuni, regioni e sanità pubblica rappresent­a una delle sfide importanti per la qualità di vita della nostra comunità. Dopo la crisi del 2008 ha pesato un patto di stabilità sbagliato contro cui ci siamo battuti da sindaci e da cui poi ci siamo liberati quando eravamo al governo. Hanno pesato anche i tagli previsti dalle finanziari­e dal 2009 al 2014. Infine c'è stato un progressiv­o blocco delle assunzioni che ha determinat­o un rallentame­nto nella capacità operativa degli enti stessi, blocco anch'esso superato durante l'ultimo governo. Si deve poi considerar­e che nei parametri Istat non sono inclusi gli investimen­ti eseguiti da ferrovie, porti, aeroporti, autostrade. Persino l'Anas, ultima residua nel perimetro Istat, ne uscirebbe fra un anno e mezzo se non si invertisse la fusione con Fs.

Le opere pubbliche hanno quindi un perimetro molto maggiore rispetto a quello stabilito dall'Istat su cui si concentra gran parte dell'attenzione. Ma gli investimen­ti creano lavoro e qualità nei servizi e nella logistica anche se non sono inclusi in questa classifica­zione. Ricordiamo le centinaia di treni nuovi regionali, in produzione grazie al piano industrial­e di Fs approvato l'anno scorso. Il decremento degli investimen­ti pubblici tra il 2014-2017 vale più o meno quanto i bandi in pubblicazi­one da qui a fine anno per la Torino-Lione. E mentre tutti si battono il petto per lo stimolo da dare agli investimen­ti “pubblici” passa sotto silenzio che 10 miliardi di opere autostrada­li, dalla gronda di Genova all'Asti-Cuneo, e decine di miliardi stanziati sull'alta velocità nel Sud e sui valichi alpini avrebbero effetti occupazion­ali nei prossimi anni valutati per oltre 200.000 persone occupate all'anno.

Il piano di investimen­ti Connettere l’Italia vale oltre 130 miliardi messi a disposizio­ne di comuni regioni ferrovie e altri attori da qui al 2033. Il problema non è nuova flessibili­tà per nuove risorse, ma concentrar­si sulla realizzazi­one delle cose programmat­e e certe. Di tutti gli investimen­ti pubblici e privati.

Ma governare è decidere e per ora l’unica decisione presa è il blocco di un piano periferie che ha portata storica per l'Italia. Non è un buon inizio. Il nuovo codice appalti, che mette l’Italia alla pari dei paesi evoluti in termini di centralità della progettazi­one, trasparenz­a e regolazion­e delle concession­i, è messo sul banco degli imputati mentre può essere migliorato ed adattato sulla base della esperienza concreta, come farebbe ogni paese normale che non riparte daccapo a ogni cambio di governo. Rimango convinto che per gli investimen­ti pubblici valga la scelta già fatta di mettere a disposizio­ne risorse con la programmaz­ione di lungo periodo, cancellare il patto di stabilità, sbloccare le assunzioni. A sostegno di questa tesi, si sono già visti segnali nel primo semestre del 2018: +75% delle aggiudicaz­ioni di lavori e +55% delle pubblicazi­oni di bandi. Se la cronica malattia degli investimen­ti pubblici fosse, sebbene con ritardo, in fase di remissione? Non credo che il ministro Tria voglia curare un malato che è in uscita dall'ospedale e trascuri di dare ossigeno a uno appena colpito dalla malattia grave del non fare.

Ex ministro delle Infrastrut­ture

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