Azioni ai lavoratori per legge: il business boccia la proposta
Il piano prevede anche che un terzo del cda rappresenti i dipendenti
Il mondo del business britannico ha respinto categoricamente le proposte “draconiane” avanzate dal partito laburista, che puntano a far diventare azionisti tutti i dipendenti delle grandi imprese.
Il cancelliere-ombra John McDonnell ha dichiarato al Congresso del partito in corso a Liverpool che se il Labour andrà al Governo ogni impresa con più di 250 dipendenti dovrà riservare loro il 10% delle azioni, creando un «fondo di proprietà inclusiva».
Carolyn Fairbairn, direttore generale della Cbi, la Confindustria britannica, ha detto che un tale «diktat non farà che incoraggiare gli investitori a fare la valigia e danneggerà proprio i più deboli. Se gli investimenti crollano, crollano anche salari e produttività». Costringere le società a trasferire il 10% delle azioni «dagli azionisti attuali ai dipendenti è troppo draconiano», ha dichiarato Stephen Martin, direttore generale dell’Institute of Directors, e arrecherebbe gravi danni all’economia.
Secondo la proposta di McDonnell le grandi imprese dovranno trasferire l’1% delle azioni ai dipendenti ogni anno per dieci anni fino ad arrivare al 10%, mentre i dividendi saranno ripartiti in parti uguali tra tutti i dipendenti fino a un massimo di 500 sterline a testa all’anno. Il resto degli utili andrà a un fondo gestito dallo Stato per migliorare i servizi pubblici e finanziare i sussidi sociali.
Il partito prevede che il fondo potrebbe incassare oltre 2 miliardi di sterline all’anno, ma la cifra probabilmente sarebbe molto più elevata. È stato calcolato ad esempio che oltre un miliardo potrebbe arrivare dalla sola compagnia petrolifera Shell, che lo scorso anno ha distribuito dividendi agli azionisti per 12 miliardi di sterline e che ha 6.500 dipendenti in Gran Bretagna.
Il nuovo sistema comprenderebbe settemila imprese e 10,7 milioni di persone, il 40% dei dipendenti del settore privato in Gran Bretagna. Sarebbero esentate dal trasferire il 10% delle azioni ai dipendenti le imprese straniere, indipendentemente dal numero di dipendenti che hanno nel Regno Unito.
Le azioni verranno gestite dalla cooperativa di lavoratori, mentre i singoli dipendenti non potranno acquistarle o venderle, quindi non saranno azionisti nel senso stretto del termine. Secondo alcuni critici della proposta laburista, si tratta più di una nuova tassa sulle imprese che di un modo per far partecipare i dipendenti al successo della società per la quale lavorano.
Il piano presentato da McDonnell però vuole anche dare una voce ai lavoratori nella gestione della società, e prevede che un terzo dei membri del consiglio di amministrazione delle imprese sia riservato a rappresentanti dei dipendenti. «Sono i lavoratori che creano la ricchezza di un’impresa e quindi dovrebbero essere comproprietari e anche condividere i rendimenti che l’impresa genera», ha detto McDonnell, sottolineando che i soldi andranno direttamente nelle tasche dei dipendenti dopo un decennio di congelamento degli stipendi.
L’idea che tutti i dipendenti siano anche azionisti non è l’unica proposta radicale avanzata dal Labour: se andrà al Governo il partito intende aumentare le imposte societarie, ri-nazionalizzare le Ferrovie, le Poste e gli enti che gestiscono l’acqua, l’energia e lo smaltimento dei rifiuti per garantire l’efficienza del servizio e la tutela dell’ambiente.
L’idea è di distribuire ai dipendenti delle imprese una quota azionaria compresa tra l’1 e il 10 per cento