Mascherin: «Ora inserire l’avvocato in Costituzione»
Passaggio fondamentale per rafforzare autonomia e indipendenza E sul processo civile vanno rafforzate le misure alternative
Andrea Mascherin, presidente del Consiglio nazionale forense, parla alla vigilia del congresso di Catania.
Dal decreto sicurezza alle misure contro la corruzione, passando per il processo civile, ma soprattutto per la “riforma madre” del riconoscimento del ruolo dell’avvocato nella Costituzione. Il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin, alla vigilia del congresso nazionale di Catania, fa il punto delle numerose questioni aperte nel cantiere giustizia in questo scorcio iniziale di legislatura.
Presidente, il congresso è dedicato a un tema assai ambizioso, la necessità di una riforma costituzionale per valorizzare l’avvocatura. Non rischiate di volare troppo alto, con un tema troppo astratto? Penso proprio di no. E ho anzi fiducia che si possa creare un largo consenso in Parlamento su un intervento che riconosca e, anzi, rafforzi l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione e dell’avvocato in particolare. Quella non condizionabilità da fattori esterni, sociali, politici, economici, che giustamente si sottolinea per la magistratura è altrettanto necessaria per l’avvocatura. Soprattutto se si vuole, come penso opportuno, pensare a un avvocato come figura equilibratrice dei conflitti. In una stagione poi dove sono diffuse le contestazioni al diritto di difesa per tutti oppure si pensa alla giurisdizione solo in termini di fattore di crescita dell’economia.
È di poche ore fa l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un decreto legge in materia di immigrazione e sicurezza per certi versi assai significativo sull’assetto valoriale che questo Governo intende dare al Paese...
Penso innanzitutto che si tratti di una scelta politica coerente con il risultato delle elezioni. Restringere gli ambiti di accoglienza è allora una decisione legittima. Credo che l’avvocatura non possa che mettere in evidenza come al maggiore rigore debba accompagnarsi un’attenzione elevata alle garanzie. E due potrebbero essere i profili di criticità e frizione con la Costituzione: la revoca della cittadinanza, intervenendo su un tema di status, e l’espulsione sulla base di una condanna in primo grado. In un contesto comunque di centralità anche alle chances di integrazione, al rispetto e alla dignità delle persone.
Un approccio di maggiore equilibrio avrebbe giovato anche alle misure di contrasto alla corruzione? Registro che oggettivamente l’aumento del trattamento sanzionatorio è assai elevato. Si agisce in maniera importante sulla repressione. Servirebbe però anche un analogo intervento sul versante della prevenzione. E penso a al contenimento del livello di burocrazia che può indurre ben più che a qualche tentazione. Un approccio che, tra l’altro, servirebbe anche nel rapporto con l’amministrazione finanziaria, dove andrebbe valorizzato soprattutto l’aspetto consulenziale.
Pensa che una modifica alla disciplina della prescrizione renderebbe più incisivo l’intervento?
In generale credo che nel penale servirebbero più investimenti in risorse di uomini e mezzi. E magari proposte più ampie di depenalizzazione. In particolare poi, sulla prescrizione, ritengo che già l’aumento delle pena ha prodotto l’allungamento dei termini. Va tenuto presente, in ogni caso, che al centro del processo penale ci sono i diritti dell’imputato e l’accertamento della sua colpevolezza o innocenza.
E sulla legittima difesa?
Si può anche pensare a intervenire in materia. Anche in questo caso si tratta di un intervento previsto dall’accordo di governo. Tuttavia va evitato qualsiasi automatismo, lasciando al giudice margini di discrezionalità nella valutazione di fatti che possono anche essere assai complessi, per esempio quanto a dinamica degli eventi.
Si annuncia poi l’ennesima riforma del Codice di procedura civile. Servono ancora interventi sul rito?
Possiamo sdrammatizzare l’esame di Stato e valorizzare le scuole di specializzazione