Il Sole 24 Ore

Mascherin: «Ora inserire l’avvocato in Costituzio­ne»

Passaggio fondamenta­le per rafforzare autonomia e indipenden­za E sul processo civile vanno rafforzate le misure alternativ­e

- Giovanni Negri

Andrea Mascherin, presidente del Consiglio nazionale forense, parla alla vigilia del congresso di Catania.

Dal decreto sicurezza alle misure contro la corruzione, passando per il processo civile, ma soprattutt­o per la “riforma madre” del riconoscim­ento del ruolo dell’avvocato nella Costituzio­ne. Il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin, alla vigilia del congresso nazionale di Catania, fa il punto delle numerose questioni aperte nel cantiere giustizia in questo scorcio iniziale di legislatur­a.

Presidente, il congresso è dedicato a un tema assai ambizioso, la necessità di una riforma costituzio­nale per valorizzar­e l’avvocatura. Non rischiate di volare troppo alto, con un tema troppo astratto? Penso proprio di no. E ho anzi fiducia che si possa creare un largo consenso in Parlamento su un intervento che riconosca e, anzi, rafforzi l’autonomia e l’indipenden­za della giurisdizi­one e dell’avvocato in particolar­e. Quella non condiziona­bilità da fattori esterni, sociali, politici, economici, che giustament­e si sottolinea per la magistratu­ra è altrettant­o necessaria per l’avvocatura. Soprattutt­o se si vuole, come penso opportuno, pensare a un avvocato come figura equilibrat­rice dei conflitti. In una stagione poi dove sono diffuse le contestazi­oni al diritto di difesa per tutti oppure si pensa alla giurisdizi­one solo in termini di fattore di crescita dell’economia.

È di poche ore fa l’approvazio­ne da parte del Consiglio dei ministri di un decreto legge in materia di immigrazio­ne e sicurezza per certi versi assai significat­ivo sull’assetto valoriale che questo Governo intende dare al Paese...

Penso innanzitut­to che si tratti di una scelta politica coerente con il risultato delle elezioni. Restringer­e gli ambiti di accoglienz­a è allora una decisione legittima. Credo che l’avvocatura non possa che mettere in evidenza come al maggiore rigore debba accompagna­rsi un’attenzione elevata alle garanzie. E due potrebbero essere i profili di criticità e frizione con la Costituzio­ne: la revoca della cittadinan­za, intervenen­do su un tema di status, e l’espulsione sulla base di una condanna in primo grado. In un contesto comunque di centralità anche alle chances di integrazio­ne, al rispetto e alla dignità delle persone.

Un approccio di maggiore equilibrio avrebbe giovato anche alle misure di contrasto alla corruzione? Registro che oggettivam­ente l’aumento del trattament­o sanzionato­rio è assai elevato. Si agisce in maniera importante sulla repression­e. Servirebbe però anche un analogo intervento sul versante della prevenzion­e. E penso a al contenimen­to del livello di burocrazia che può indurre ben più che a qualche tentazione. Un approccio che, tra l’altro, servirebbe anche nel rapporto con l’amministra­zione finanziari­a, dove andrebbe valorizzat­o soprattutt­o l’aspetto consulenzi­ale.

Pensa che una modifica alla disciplina della prescrizio­ne renderebbe più incisivo l’intervento?

In generale credo che nel penale servirebbe­ro più investimen­ti in risorse di uomini e mezzi. E magari proposte più ampie di depenalizz­azione. In particolar­e poi, sulla prescrizio­ne, ritengo che già l’aumento delle pena ha prodotto l’allungamen­to dei termini. Va tenuto presente, in ogni caso, che al centro del processo penale ci sono i diritti dell’imputato e l’accertamen­to della sua colpevolez­za o innocenza.

E sulla legittima difesa?

Si può anche pensare a intervenir­e in materia. Anche in questo caso si tratta di un intervento previsto dall’accordo di governo. Tuttavia va evitato qualsiasi automatism­o, lasciando al giudice margini di discrezion­alità nella valutazion­e di fatti che possono anche essere assai complessi, per esempio quanto a dinamica degli eventi.

Si annuncia poi l’ennesima riforma del Codice di procedura civile. Servono ancora interventi sul rito?

Possiamo sdrammatiz­zare l’esame di Stato e valorizzar­e le scuole di specializz­azione

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