Impugnazioni inammissibili: salta il gratuito patrocinio
Stretta anche sulle consulenze di parte inutili per determinare la prova
Un taglio al gratuito patrocinio. Nel testo del decreto sicurezza si annida una disposizione che, nel processo civile, cancella la liquidazione del compenso all’avvocato quando l’impugnazione anche se proposta in via incidentale è stato giudicata inammissibile. La misura, analoga a quanto già oggi previsto nel settore penale, spiega la relazione al decreto «responsabilizza il difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, escludendo che questi abbia diritto all’anticipazione prevista dall’articolo 131, comma 4, lettera a), del citato testo unico nei casi in cui l’impugnazione, proposta o coltivata, sia dichiarata inammissibile».
Una maniera per scoraggiare le impugnazioni evidentemente infondate. In questi casi, infatti, la valutazione fatta dal legislatore è di ritenere ingiustificato un costo a carico della collettività, perché una valutazione attenta delle ragioni dell’impugnazione o una maggiore attenzione nella redazione del reclamo, dell’appello o del ricorso per cassazione, avrebbero dovuto sconsigliare la proposizione del gravame.
La previsione completa, sottolinea la relazione, sia la disciplina già prevista dall’articolo 120 del Testo unico delle spese di giustizia che, secondo l’interpretazione più attenta alla salvaguardia del diritto di difesa, impone, per i giudizi impugnatori, di rinnovare il provvedimento di ammissione al beneficio in deroga all’articolo 75 del medesimo Testo unico, sia la disciplina della revoca prevista dal successivo articolo 136 per i casi in cui l’ammissione è stata pronunciata in difetto dei suoi presupposti o in presenza di mala fede o colpa grave della parte.
Sul fronte penale la misura ha ricevuto a inizio anno il via libera da parte della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 16, ha giudicato infondate le questioni di legittimità sollevate dalla Corte d’appello di Salerno. La Consulta ha spiegato che la stretta sui compensi punta a bilanciare due distinti interessi: da un lato, garantire a tutti i soggetti non abbienti il diritto di difesa, e dall’altro, la necessità di contenimento della spesa pubblica evitando che siano liquidati compensi professionali per attività superflue ed inutili quando l’inammissibilità sia largamente prevedibile se non addirittura prevista già al momento del deposito dell’impugnazione.
Inoltre, per la Consulta non è problematica l’esclusione di una valutazione di merito sul peso diverso che possono avere le diverse cause di inammissibilità. A ogni inammissibilità cioè deve corrispondere la mancata liquidazione.
Il decreto, a chiudere poi il cerchio, esclude che possano essere liquidate le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte che, al momento in cui l’incarico è stato attribuito, apparivano già irrilevanti o superflue per la determinazione della prova.