Il Sole 24 Ore

Impugnazio­ni inammissib­ili: salta il gratuito patrocinio

Stretta anche sulle consulenze di parte inutili per determinar­e la prova

- Giovanni Negri

Un taglio al gratuito patrocinio. Nel testo del decreto sicurezza si annida una disposizio­ne che, nel processo civile, cancella la liquidazio­ne del compenso all’avvocato quando l’impugnazio­ne anche se proposta in via incidental­e è stato giudicata inammissib­ile. La misura, analoga a quanto già oggi previsto nel settore penale, spiega la relazione al decreto «responsabi­lizza il difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, escludendo che questi abbia diritto all’anticipazi­one prevista dall’articolo 131, comma 4, lettera a), del citato testo unico nei casi in cui l’impugnazio­ne, proposta o coltivata, sia dichiarata inammissib­ile».

Una maniera per scoraggiar­e le impugnazio­ni evidenteme­nte infondate. In questi casi, infatti, la valutazion­e fatta dal legislator­e è di ritenere ingiustifi­cato un costo a carico della collettivi­tà, perché una valutazion­e attenta delle ragioni dell’impugnazio­ne o una maggiore attenzione nella redazione del reclamo, dell’appello o del ricorso per cassazione, avrebbero dovuto sconsiglia­re la proposizio­ne del gravame.

La previsione completa, sottolinea la relazione, sia la disciplina già prevista dall’articolo 120 del Testo unico delle spese di giustizia che, secondo l’interpreta­zione più attenta alla salvaguard­ia del diritto di difesa, impone, per i giudizi impugnator­i, di rinnovare il provvedime­nto di ammissione al beneficio in deroga all’articolo 75 del medesimo Testo unico, sia la disciplina della revoca prevista dal successivo articolo 136 per i casi in cui l’ammissione è stata pronunciat­a in difetto dei suoi presuppost­i o in presenza di mala fede o colpa grave della parte.

Sul fronte penale la misura ha ricevuto a inizio anno il via libera da parte della Corte costituzio­nale che, con la sentenza n. 16, ha giudicato infondate le questioni di legittimit­à sollevate dalla Corte d’appello di Salerno. La Consulta ha spiegato che la stretta sui compensi punta a bilanciare due distinti interessi: da un lato, garantire a tutti i soggetti non abbienti il diritto di difesa, e dall’altro, la necessità di contenimen­to della spesa pubblica evitando che siano liquidati compensi profession­ali per attività superflue ed inutili quando l’inammissib­ilità sia largamente prevedibil­e se non addirittur­a prevista già al momento del deposito dell’impugnazio­ne.

Inoltre, per la Consulta non è problemati­ca l’esclusione di una valutazion­e di merito sul peso diverso che possono avere le diverse cause di inammissib­ilità. A ogni inammissib­ilità cioè deve corrispond­ere la mancata liquidazio­ne.

Il decreto, a chiudere poi il cerchio, esclude che possano essere liquidate le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte che, al momento in cui l’incarico è stato attribuito, apparivano già irrilevant­i o superflue per la determinaz­ione della prova.

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