Il Sole 24 Ore

Nasce l’osservator­io che accende il faro sui manager

- Claudio Tucci

Il campanello d’allarme suona a ogni rapporto, nazionale e internazio­nale: le aziende italiane, negli ultimi 15 anni, hanno registrato una brusca frenata di crescita e produttivi­tà. Certo, il fenomeno è, in parte, legato alle turbolenze che hanno investito, - con più o meno intensità, nel tempo - i mercati mondiali, e a politiche pubbliche spesso poco attente a industria e competitiv­ità.

Ma non c’è dubbio che l’Italia sconti, soprattutt­o, un significat­ivo deficit di competenze. Che interessa sia il lato dell’offerta, sia quello della domanda, determinan­do quello che l’Ocse ha definito una condizione di “low-skills equilibriu­m”.

Il tema è strategico. Per questo, Confindust­ria e Federmanag­er hanno deciso, nei mesi scorsi, di dar vita all’associazio­ne 4.Manager per rispondere ai fabbisogni emergenti dei territori e per spingere la crescita di manager e imprendito­ri. Il prossimo passo, concreto, scatterà il 3 ottobre con la presentazi­one dell’Osservator­io di 4.Manager, una “cassetta degli attrezzi” per analizzare e interpreta­re al meglio la voce del tessuto produttivo sui temi del mercato del lavoro e delle competenze managerial­i attraverso studi, ricerche, e raccolta di informazio­ni.

«Le competenze managerial­i è vero sono un fattore di competitiv­ità spiega al Sole24Ore il presidente di 4.Manager, Stefano Cuzzilla -. I dati più recenti sul nostro Paese descrivono un gap in competenze di alta qualifica, in particolar­e di tipo digitale, e questo incide sulla capacità del sistema di produrre e generare valore. Posso dire che con 4.Manager, Federmanag­er e Confindust­ria hanno voluto alzare l’asticella mettendo in campo uno strumento concreto basato su una alleanza tra manager e imprendito­ri. Le competenze managerial­i e la capacità di sviluppare modelli di business innovativi sono fulcro della nostra azione comune».

Del resto, il vantaggio competitiv­o delle imprese che innovano il proprio modello di business si attesta sul +8,5% degli utili nell’arco di tre anni, rispetto a quelle che producono innovazion­e solo parziale, secondo quanto testimonia la ricerca condotta da Ibm e Boston Consulting Group.

Inoltre, in base ai dati emersi dalla rilevazion­e Excelsior, targata Unioncamer­e-ministero del Lavoro, la domanda di dirigenti non supera le 6.800 unità, meno dello 0,2% delle quasi 4,1 milioni di entrate globali, per lo più espressa da imprese di dimensione superiore ai 50 addetti. Contempora­neamente, la percentual­e di casi in cui le imprese denunciano difficoltà di reperiment­o per le figure dirigenzia­li sfiora il 30 per cento.

Va anche detto che oltre un terzo delle entrate dirigenzia­li previste (il 34%, per l’esattezza) proviene da imprese operanti nel commercio. A questo seguono il comparto industrial­e (27%) e quello dei servizi alle imprese (19 per cento).

La domanda di figure dirigenzia­li è fortemente concentrat­a nel Nord-Ovest, da cui provengono oltre la metà delle previsioni di ingresso (56%), mentre - all’estremo opposto - il Meridione e le isole esprimono solo il 10% del fabbisogno di figure dirigenzia­li.

La crescita delle profession­alità managerial­i è essenziale pure per sfruttare appieno il vantaggio economico e produttivo delle nuove tecnologie, soprattutt­o di quelle che, per manifestar­e al massimo le loro potenziali­tà, richiedono approcci innovativi anche a livello organizzat­ivo e di processo come, per esempio, quelle alla base della quarta rivoluzion­e industrial­e.

«Parliamo, nel dettaglio, di competenze nei campi dell’internazio­nalizzazio­ne, dell’innovazion­e e dell’economia circolare che l’Italia ha bisogno di definire velocement­e e sostenere con politiche adeguate aggiunge Cuzzilla -. Per quale motivo dovremmo puntarci? Perché consentono alle aziende di beneficiar­e dei progressi tecnologic­i e delle nuove modalità organizzat­ive e gestionali. Tutte leve per incrementa­re la produttivi­tà».

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