Argentina, Macri incassa dal Fmi prestito record di 57 miliardi di dollari
Aiuti superiori all’intesa raggiunta a giugno. Entro il 2019 i primi 19 miliardi
Un’Idra a nove teste. Quelle dell’Argentina sono criticità che rievocano le fatiche di Eracle: nella mitologia tagliava una testa al velenosissimo serpente e dal moncherino ne rinascevano due.
L’Idra, appunto: la corruzione politica, l’insensatezza delle scelte di politica valutaria, la ...maledizione delle materie prime agricole, l’ancestrale sfiducia degli argentini per la propria valuta e l’autoaffido al dollaro. L’unica moneta di riferimento. Chi può risparmiare converte i pesos in biglietti verdi e, per non sbagliare, li nasconde sotto il materasso. Proprio così. E non appena una delle crisi ricorrenti si acutizza, la speculazione aggredisce il peso, moneta debole di costituzione per antonomasia.
Il Fondo Monetario Internazionale ha concesso a Buenos Aires un salvataggio record da 57 miliardi di dollari, una cifra superiore ai 50 miliardi dell’accordo iniziale, annunciato in giugno: una revisione al rialzo necessaria per far fronte alle crescenti difficoltà del Paese. L’intesa raggiunta prevede che Buenos Aires riceva 19 miliardi di dollari entro la fine del 2019. I rimanenti 38 entro il 2021.
La prima preoccupazione del Fondo è quella di evitare l’effetto contagio delle altre economie emergenti. Il Brasile, un gigante malato che tra 10 giorni sceglierà il nuovo presidente, è sorvegliato speciale da mercati e istituzioni sovranazionali.
Le dimissioni di Luis Caputo, governatore della Banca centrale, risalgono a pochi giorni fa e proiettano sui monitor di tutti gli operatori finanziari del mondo, il pericolo di un ennesimo crack. Che non sarà un default - il contesto macrofinanziario del Paese è diverso dal 2001, l’anno più buio della storia argentina – ma l’acutizzarsi di tensioni sociali incontenibili, proprio come quelle inflattive. Anche quest’anno il tasso di aumento dei prezzi veleggia attorno al 40 per cento. La più alta del mondo se escludiamo quella del Venezuela, un’iperinflazione ormai impossibile da quantificare ma semplice da visualizzare: uno zaino stracolmo di banconote per acquistare un rotolo di carta igienica.
L’Argentina ha il pieno appoggio del Fmi, che resta «impegnato ad aiutarla ad affrontare le sfide che ha davanti» spiega Christine Lagarde nel corso di una conferenza stampa congiunta con il ministro dell’economia argentino Nicolas Dujovne. «La persistente elevata inflazione continua a erodere le basi della prosperità economica dell’Argentina», aggiunge Lagarde. «Il nostro obiettivo è quello di un calo rapido dell’inflazione» osserva la Banca centrale argentina, che adotterà - in base all’intesa con il Fmi - un regime di tassi di cambio fluttuante senza interventi. «In caso di estreme variazioni dei tassi di cambio, la Banca centrale potrà condurre interventi limitati sui mercati di cambio stranieri», spiega Lagarde.
La Banca Centrale Argentina non interverrà infatti nel caso in cui il pesos si muova in una forchetta compresa tra 34 e 44 rispetto al dollaro.
«Gli ultimi mesi sono stati molto difficili: l’Argentina è stata colpita duramente da shock esterni e globali. Il governo ha commesso errori negli ultimi mesi» afferma Guido Sandleris, nuovo governatore della Banca Centrale.
A guardare dalle strade di Buenos Aires la conferma è implicita. Lo sciopero generale dei giorni scorsi ha radunato decine di migliaia di lavoratori nelle piazze e le immagini rievocano quelle delle crisi più cupe.
La ricetta di Macri, dopo gli accordi con Lagarde – secondo gli analisti argentini – è rigidamente monetarista e poggerà sulla contrazione della domanda interna. Austerità e debiti con il Fondo. «Funzionerà di sicuro – ridacchia al telefono un economista dell’Università di Buenos Aires - . Per qualche mese».