L’Iva e i rimborsi Ue in scadenza domenica
L’imposta sul valore aggiunto pagata all’estero non può essere portata in detrazione e deve pertanto formare oggetto di una istanza di rimborso. Prima del 2010 bisognava presentare una domanda per ciascuno dei Paesi in cui era stata emessa la fattura; da tale data la procedura europea, in base alla direttiva 2008/9/Ce prevede la canalizzazione telematica alla propria amministrazione fiscale di una domanda che si riferisce a tutti gli altri Paesi dell’Unione europea – oltre a Israele, Svizzera e Norvegia con cui ci sono accordi di reciprocità.
Prima del 2010 le domande di rimborso andavano presentate entro il 30 giugno, poi l’asticella è stata spostata al 30 settembre. Il termine è di natura perentoria, come precisato dalla Corte di giustizia con la sentenza del 21 giugno 2012, nella causa C-294/11, che ha confermato la regolarità del rifiuto di rimborso del fisco italiano ad un contribuente olandese, che aveva presentato la domanda il 27 luglio (quando il termine era del 30 giugno).
Per una singolare coincidenza, che peraltro potrebbe ripetersi anche in futuro, il prossimo 30 settembre cade di domenica e l’agenzia delle Entrate avverte di non far slittare la richiesta al giorno successivo. La cosa può apparentemente stupire, in quanto sia nel nostro diritto, che in quello di altri Stati europei, come la Francia, il dies ad quem festivo è prorogato di diritto. Abbiamo cercato informazioni nel sito istituzionale della direzione fiscalità di Bruxelles (Taxud), così come in quello della Corte di giustizia, in cui abbiamo trovato solo la sentenza sopra indicata.
In un’altra giurisdizione internazionale, la Corte europea dei diritti dell’uomo (pronuncia del 29 giugno 2012), abbiamo invece una presa di posizione precisa sui termini che scadono in giorno festivo. Il ricorrente aveva presentato il ricorso alla Corte dopo sei mesi dal giudizio nazionale. Il termine scadeva di domenica e il suo legale si era avvalso del differimento.
La Corte ritiene irrilevante cosa prevedono i diritti nazionali, e respinge la trattazione della causa nel merito. Fa giustamente sorridere la motivazione conclusiva: tenendo conto del termine di sei mesi, il ricorrente – rappresentato da un avvocato che avrebbe dovuto essere al corrente della giurisprudenza della Corte – era in grado di sapere per tempo che il dies ad quem sarebbe stato festivo, e avrebbe potuto agire di conseguenza.
Trasferendo questo ragionamento alla richiesta di rimborso dell’Iva estera, i sei mesi sono ora diventati nove, e il tempo per accorgersi della festività c’è in abbondanza.