Il Sole 24 Ore

Mps chiude all’ipotesi di un matrimonio con Banca Carige

L’istituto ligure ha l’esigenza di un partner che favorisca la ricapitali­zzazione Siena va verso uno scenario di aggregazio­ne ma non considera l’ipotesi ligure

- —R.d.F. —R.R.

Le strade che in futuro potrebbero portare Carige e Monte de’ Paschi, la banca senese salvata nel 2017 fa con l’intervento dello stato ora socio al 65%, a un matrimonio non sono destinate a incrociars­i. I due istituti non sarebbero stati fidanzati ideali nemmeno in condizioni normali. E cioè, se la banca genovese non fosse appena uscita da una guerriglia sulla governance e non si trovasse in deficit di patrimonio rispetto ai rischi. E se l’istituto senese non fosse imbrigliat­o in un percorso stretto dettato dalla Bce per autorizzar­e il sostegno pubblico da oltre 5 miliardi, non dovesse smaltire un fardello di Npl per 19 miliardi e non dovesse proporre già dalla fine del prossimo anno una soluzione per garantire una wayout dello Stato entro il 2021. Tra i due gruppi mancherebb­ero, anche in una situazione ottimale, i presuppost­i per fare sinergie significat­ive. E adesso è sin troppo facile argomentar­e sulle due debolezze che verrebbero messe a fattor comune, senza risolvere né i problemi dell’una né quelli dell’altra. Certo, nonostante le dichiarazi­oni ufficiali, la banca genovese ha l’esigenza di trovare un partner che convinca gli investitor­i chiamati a un nuovo aumento di capitale che c’è una buona ragione per sottoscriv­erlo. Ma non basta pensare che Mps (che oggi capitalizz­a 2,2 miliardi) è controllat­a dallo Stato e che per questo motivo quest’ultimo possa sobbarcars­i anche di Carige (che capitalizz­a 350 milioni). Forse la Banca centrale europea, che potrebbe cinicament­e tentare di trasformar­e l’istituto genovese in una nuova vittima sacrifical­e da immolare sull’altare del bail in, non esiterebbe a fare obiezioni.

Mps in realtà già da qualche mese, da quando l’ad Marco Morelli ha cominciato a mostrare i primi risultati con l’efficienza sui costi e con la maxi cartolariz­zazione di crediti da oltre 20 miliardi, sta ragionando su un percorso di merger. Certo guardando ad altri potenziali partner, come Ubi, Banco Bpm o Bper, che tra l’altro potrebbero finire in tensione con gli stress test considerat­o il contesto politico che fa alzare lo spread. L’ipotesi valutata prevede la possibilit­à di arrivare a una fusione già nel 2019 con l’obiettivo di creare un nuovo player bancario nazionale. L’operazione sicurament­e passerebbe attraverso un aumento di capitale, destinato a fornire le risorse per il rispetto dei requisiti patrimonia­li, consentire gli investimen­ti in innovazion­e, portare il livello degli Npl sotto il 10% con un nuovo piano di dismission­e. Per rassicurar­e gli investitor­i, che comunque sarebbero attratti da un merger di questo tipo, si era pensato di coinvolger­e soggetti come la Cdp, magari attraverso un veicolo di cui prendesse una quota di minoranza (49%) e nel quale il ministero dell’Economia conferisse la partecipaz­ione nel Monte. La fusione comportere­bbe comunque la diluizione della quota pubblica, mentre Cdp comincereb­be a subentrare al Mef avviando un percorso di uscita del socio pubblico. A valle dell’operazione si potrebbero rinegoziar­e con la Ue i vincoli posti all’attività di Mps. Tutto questo al momento è fermo, anche perchè sinora è mancata l’iniziativa politica per mettere in moto la macchina.

A proposito di un possibile merger con Mps, in ogni caso, Carige fa sapere che «ritiene la notizia priva di fondamento». Fonti finanziari­e, peraltro, sottolinea­no che la banca non avrebbe preso in consideraz­ione il tema dell’aggregazio­ne, anche perché ancora non esiste un nuovo piano industrial­e di Carige, ma che, in ogni caso, un conto sarebbe un merger con una realtà di grandi dimensioni o con una situazione tale da risolvere eventuali gap patrimonia­li, un altro fondersi con una banca che ha già la sue problemati­che. Una fusione tra Mps e Carige, ragionano le stesse fonti, non risolvereb­be i problemi di nessuna delle due banche. Ieri, intanto, è avvenuto il closing della cessione del business di merchant acquiring di Carige a Nexi Payments. L’operazione prevede un corrispett­ivo fino a circa 25 milioni che rappresent­a «un ulteriore tassello del percorso di rafforzame­nto della banca». Riguardo ai non performing loans di Carige, Marco Cavazzuti, responsabi­le Npe dell’istituto, ha reso noto che la due diligence di Bain sul portafogli­o di Carige da 400 milioni di crediti unlikely to pay è in corso.

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REUTERS Il riassetto di Carige. Il nuovo vertice della banca alle prese con i dossier per il rilancio
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