Elettrodomestici, Fumagalli vende Candy ai cinesi di Haier per 475 milioni
L’acquirente ha un giro d’affari di 30 miliardi di euro e 108 stabilimenti Il closing prevede la cessione del 90% detenuto dai fratelli Fumagalli
Le lavatrici e i frigoriferi cinesi scelgono l’Italia, e nello specifico Candy, per lanciare la loro sfida al mercato europeo. Qingdao Haier si compra per 475 milioni (629 l’enterprise value) gli elettrodomestici di Candy. Il gruppo, colosso globale del settore quotato a Shangai acquisirà il 100% dell’azienda dai soci italiani. L’acquisizione sarà operativa dal 2019: Haier trasferirà da Parigi a Brugherio il suo quartier generale europeo, facendone la piattaforma per la sua espansione sul continente, dove a oggi fattura 400 milioni con solo una unità produttiva, localizzata in Russia.
La società della famiglia Fumagalli è solo l’ultimo dei marchi italiani che passa in mani estere, in particolare Candy era l’ultimo brand italiano del bianco. Haier è il maggior gruppo al mondo per la produzione di elettrodomestici, possiede sei marchi globali (Haier, Ge Appliances, Fisher & Paykel, Aqua, Casarte e Leader) e vanta un giro d’affari di 241.9 miliardi di yuan (circa 30 miliardi di euro), dieci centri di ricerca e 108 stabilimenti produttivi nel mondo.
In Italia i cinesi avevano già tentato un primo approccio, scegliendo nel 2001 una fabbrica di Campodoro, in provincia di Padova, come base produttiva di frigoriferi per l’Europa. Alla fine del 2015, però, la decisione di cessare l’attività e avviare la Cigs per un centinaio di addetti, non essendo riusciti a raggiungere l’equilibrio finanziario necessario alla prosecuzione.
La trattativa tra i cinesi e la famiglia Fumagalli era stata avviata da qualche mese, con un’ipotesi iniziale di una cessione del 20% del capitale. L’interessamento cinese, in realtà, esisteva da tempo, ma non era mai stato formalizzato e la vera accelerazione nella trattativa è arrivata a valle dell’acquisizione del 51% della slovena Gorenje (dossier approcciato anche da Haier) da parte di Hisense, lo scorso giugno.
La trattativa tra le parti (Candy è stata assistita, tra gli altri, da Cleary Gottlieb e Goldman Sachs) è partita fin da subito con il piede giusto e non ha conosciuto interruzioni. Nelle ultime settimane era stata aperta la data room e si sono succedute a Brugherio, sede di Candy, le visite delle delegazioni da Qingdao per procedere alla due diligence, finalizzata al closing annunciato ieri, che prevede la cessione del 90% detenuto dai fratelli Beppe e Aldo Fumagalli e il restante pacchetto del 10% in mano ad altri membri della famiglia.
L’accordo tra le parti, come detto, prevede il trasferimento di tutte le operations dell’headquarter parigino di Haier a Brugherio, dove rimarranno, e saranno potenziate, ricerca e sviluppo, rete commerciale, logistica, le direzioni acquisti e marketing del gruppo. Beppe a Aldo Fumagalli, rispettivamente amministratore delegato e presidente, dovrebbero, secondo le prime ipotesi, restare nel board della società a guida cinese.
«Nell’era dell’Iot - ha dichiarato Liang Haishan, presidente del Consiglio di amministrazione di Qingdao Haier - facendo leva sulle sue forti capacità di ricerca e sviluppo, Candy Group si è focalizzata sull’applicazione delle tecnologie di rete agli elettrodomestici tradizionali, obiettivo che si allinea perfettamente con la strategia Eco-brand di Haier. Riteniamo che questa operazione segni l’inizio di una cooperazione strategica di successo tra Haier e Candy Group, che non solo stimolerà il potenziale del mercato degli elettrodomestici intelligenti, ma ispirerà anche il settore a mantenersi all’avanguardia per migliorare l’esperienza del cliente». La famiglia Fumagalli si è detta convinta che «la capacità di innovazione, tecnologia e design unite allo stile italiano di Candy si integreranno perfettamente con il modello operativo di Qingdao Haier. Insieme - ha dichiarato - soddisferemo meglio le crescenti richieste di prodotti più personalizzati e renderemo migliore e più semplice la vita delle persone». I sindacati, invece, si sono detti ieri «preoccupati per il futuro dei circa mille lavoratori italiani della società nell’unico sito rimasto aperto in Italia, a Brugherio. Chiediamo alla nuova proprietà di farsi carico degli impegni assunti sia sul versante degli investimenti che sul versante occupazionale».
L’anno scorso l’azienda brianzola (oltre al sito italiano controlla due stabilimenti in Turchia, uno in Francia, uno in Germania, uno in Russia e uno in Cina) ha fatturato 1,14 miliardi, in crescita del 10% sul 2016, con un ebit salito del 3,8%, a oltre 44 milioni, mentre l’utile netto si è ridotto da 12 a 2,2 milioni. In calo da 139,4 a 114 milioni la posizione finanziaria netta, a cui si aggiunge un prestito obbligazionario di 40 milioni della famiglia. L’anno scorso sono stati investiti 40 milioni, in linea con il piano da 105 milioni che si concluderà nel 2019.