Il Sole 24 Ore

Liti pendenti e cartelle: pace fiscale fino a 500mila euro

Il tetto più alto fa rientrare il 99,1% dei contribuen­ti con una cartella esattorial­e

- Marco Mobili

Un nuovo tetto a 500mila euro per la pace fiscale. Ad annunciare la novità all’indomani del via libera del Governo alla Nota di aggiorname­nto al Def è stato il viceminist­ro all’Economia Massimo Garavaglia (Lega), senza però sbilanciar­si su ulteriori dettagli. Il capitolo fiscale della manovra, che per altro sarà anticipato con un decreto legge ad hoc collegato alla legge di bilancio, è in piena scrittura (e spesso in riscrittur­a). Basti pensare che sulla stessa pace fiscale si era partiti dalle sole cartelle fino a 100mila euro indicate nel contratto di governo Lega-5 Stelle, per arrivare a fine agosto ad un tetto per la definizion­e agevolata dei ruoli da rottamare 10 volte più alto, fino a 1 milione di euro. Il punto di caduta, a questo punto, stando a quanto dichiarato da Garavaglia e dopo il confronto all’interno della maggioranz­a, sarebbe stato trovato in 500mila euro sia per le cartelle esattorial­i sia per le liti pendenti. Elevare il tetto della nuova edizione della rottamazio­ne delle cartelle vuol dire anche rivolgersi al 99,1% dei contribuen­ti in possesso di almeno una cartella esattorial­e. Il restante 0,9% infatti è sopra la soglia dei 500mila euro e per dirla alla Garavaglia «Oltre quella cifra si tratta uno a uno, quindi non c'è problema». Come dire li andiamo a prendere e trattiamo.

Il nodo più grosso da sciogliere è legato però al gettito atteso. Al momento consentend­o la rottamazio­ne delle sole sanzioni e dei soli interessi, anche sulle liti fiscali, l’incasso stimato non supererebb­e il miliardo. D’altronde M5S ha da sempre dichiarato che non vuole condoni tombali. Inoltre il grosso delle partite pendenti e su cui i contribuen­ti sarebbero pronti a chiudere subito con il “pago e stralcio” è sull’Iva. Ma su quest’imposta è l’Europa a dettare le regole e a imporre sempre, anche in caso di definizion­i agevolate, l’incasso di quanto dovuto dai contribuen­ti. Oltre gli interessi e le sanzioni sulle cartelle e le liti Iva, dunque, non si potrà andare.

Per chiudere il cerchio sulla nuova rottamazio­ne i tecnici lavorano alla riapertura delle definizion­i agevolate ancora aperte. L’idea da mettere a punto direttamen­te nel decreto o più avanti in Parlamento nel corso della conversion­e in legge del Dl, è quella di prevedere nuovi piani di rateizzazi­oni per quei contribuen­ti che hanno pagamenti ancora in corso cercando di dilazionar­e in un maggior numero di rate il debito residuo della rottamazio­ne.

L’altro fronte cui si lavora sono le liti fiscali pendenti. Nella bozza di piano nazionale delle riforme si parlava di contenzios­o in primo e secondo grado. L’idea di fondo è quella di allargare la definizion­e agevolata fino al terzo grado di giudizio, ossia in Cassazione dove ancora oggi i tempi di chiusura delle liti tributarie sono molto elevati. Le ipotesi allo studio mirano a superare le rigidità dell’ultima definizion­e agevolata targata Gentiloni e che nei fatti non ha incontrato l’interesse dei contribuen­ti. L’obiettivo è concedere uno sconto in misura percentual­e non su sanzioni e interessi ma anche sulla pretesa in discussion­e tra Fisco e contribuen­te. E questo soprattutt­o nei casi in cui l’impresa o il cittadino abbia già vinto in primo o secondo grado e dunque può far valere una pronuncia a suo favore del giudice.

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