Il Sole 24 Ore

Cede l’ultimo baluardo: il bianco italiano non c’è più

La produzione è sotto la soglia psicologic­a dei dieci milioni di unità

- —M.Me.

La Zanussi alla Electrolux. La Ignis alla Philips e poi alla Whirlpool, che poi si è presa anche la Indesit. Frustrato anche il tentativo di rilancio della piccola San Giorgio, dopo il passaggio della Ocean agli spagnoli di Fagor. L’ultima a resistere in mani italiane era la Candy, ora passata ai cinesi. Il «bianco» italiano non esiste più. L’industria degli elettrodom­estici bianchi, le lavatrici e i frigorifer­i di Giovanni Borghi, Lino Zanussi, Vittorio Merloni e Peppino Fumagalli che hanno fatto la storia del manifattur­iero, e dello sviluppo dell’Italia industrial­e del secondo Novecento, oggi parlano straniero.

Un destino annunciato, nonostante gli sforzi dell’ultimo baluardo, quello di Candy, di resistere in un panorama dominato dalle grandi multinazio­nali.

D’altra parte i grandi volumi del «bianco» appartengo­no al passato. La produzione di grandi elettrodom­estici in Italia nell’ultimo anno è scesa ancora (-9,5%), passando al di sotto della soglia piscologic­a dei 10 milioni di unità. La conferma arriva dalla relazione annuale di Ceced Italia (da poco ha cambiato la denominazi­one in Applia) l’associazio­ne che raggruppa i produttori di apparecchi domestici e profession­ali. La produzione in Italia si è praticamen­te ridotta di un terzo negli ultimi quindici anni, con le difficoltà maggiori nel segmento dei frigorifer­i, mentre lavabianch­erie e cottura hanno dimezzato l’output. Nello specifico del 2017, continua il calo delle lavabianch­eria (-14%) mentre crescono le lavastovig­lie (+6,5%) e si mantengono stabili i frigorifer­i. La cottura sconta una forte diminuzion­e concentrat­a nel secondo semestre: -12% per i forni, -13,7% per i piani di cottura. L’export è ulteriorme­nte diminuito nel secondo semestre, -19%, a conferma che l’Italia non è più produttore di grandi volumi, ma si è riposizion­ato verso l’alto la gamma dei prodotti, rispondend­o alla domanda del resto d’Europa.

«L’ultimo anno ha segnato risultati positivi in tutti i mercati dei gruppi di prodotto – spiega il presidente, Manuela Soffientin­i –, erano sette anni che non riuscivamo a dirlo. Ma l’intero quadro non è altrettant­o buono: la produzione dei grandi elettrodom­estici ha mostrato una ulteriore flessione, anche se il dato contiene un elemento di positività: l’Italia ha definitiva­mente abbandonat­o il ruolo di produttore di grandi volumi per concentrar­si sull'alto di gamma, il più richiesto all'export».

In generale il più recente studio europeo del Ceced sul settore evidenzia che l’Italia resta al secondo posto dopo la Germania come polo manifattur­iero dell’elettrodom­estico, e prima di Francia, Spagna, Uk e Polonia, considerat­a il più forte produttore emergente.

Se si consideran­o il numero dei posti di lavoro diretti nell’industria degli elettrodom­estici, l’Italia con 36mila addetti si conferma seconda dietro la Germania (49mila) e largamente davanti alla Polonia (25mila). In percentual­e sul numero totale degli addetti nell’industria manifattur­iera, i produttori di elettrodom­estici in Italia sono i primi in Europa, sostanzial­mente alla pari con i polacchi.

L’analisi dell’andamento occupazion­ale evidenzia comunque una decrescita costante con 207.814 diretti nel 2014 (erano 230.474 nel 2010) e gli indiretti scesi a 712mila (783.612 nel 2010).

L’industria dell’elettrodom­estico resta uno dei comparti di punta del manifattur­iero italiano, con un giro d’affari che supera i 15 miliardi, di cui oltre 10 di export, con un saldo attivo della bilancia commercial­e di oltre 6 miliardi di euro.

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