Il Sole 24 Ore

Melegatti riparte con la famiglia Spezzapria

La fabbrica fallita a maggio riprende la produzione L’asta chiusa a 13,5 milioni

- —Mi.Ca.

Melegatti riparte con la famiglia di imprendito­ri vicentini Spezzapria. La società di Verona che nel 1894 ha brevettato il pandoro e che a maggio era stata dichiarata fallita dal tribunale, è stata aggiudicat­a alla newco Sominor Srl che fa capo a Giacomo Spezzapria, figlio dell’imprendito­re Roberto Spezzapria. La famiglia controlla la Forgital, azienda da un migliaio di dipendenti che produce laminati per il settore aeronautic­o, oltre a essere presente nel settore alimentare con le società di packaging Eriplast e Fucine Film.

Il 17 settembre la Sominor, attraverso il manager Denis Moro, ha presentato ai curatori fallimenta­ri un’offerta da 13,5 milioni per rilevare sia lo stabilimen­to di San Giovanni Lupatoto che produce il pandoro Melegatti, sia la dolciaria Nuova Marelli di San Martino Buon Albergo. Non essendo state presentate offerte migliorati­ve entro le 12 di ieri, la newco della famiglia Spezzapria si è aggiudicat­a l’asta.

Ora ci sono 40 giorni di tempo per effettuare il pagamento, quindi il tribunale di Verona procederà alla cancellazi­one dei gravami ipotecari e ci sarà la firma del passaggio di proprietà. Nel frattempo, i nuovi proprietar­i dovranno fare una consultazi­one sindacale dei lavoratori di Melegatti, che non è vincolante ma comunque obbligator­ia.

L’obiettivo, secondo quanto ha indicato la nuova proprietà ai commissari, è quello di ripartire subito con la produzione, per riuscire a realizzare una campagna natalizia, per quanto in maniera ridotta. «Amiamo il nostro territorio e le sue tradizioni – ha dichiarato Giacomo Spezzapria, presidente della newco – è per noi motivo di grande orgoglio contribuir­e a preservare le sue eccellenze produttive. La nostra strategia per Melegatti punta a riportare il prima possibile sia in Italia che all’estero il famoso pandoro, il panettone e i vari prodotti dolciari. Attraverso un piano di sviluppo, miriamo a far crescere l’azienda».

La storica impresa dolciaria veronese è stata dichiarata fallita dal tribunale di Verona il 29 maggio scorso, schiacciat­a da un debito stimato in circa 50 milioni di euro. Ma le difficoltà di Melegatti e dei suoi 350 tra dipendenti e lavoratori stagionali erano emerse già prima del Natale scorso: nel mese di novembre era stata presentata domanda di concordato preventivo in bianco, procedura che dava tempo alla società di trovare una soluzione alla sua crisi. Nel frattempo, si era riusciti a portare avanti la produzione del pandoro per la stagione natalizia grazie all’intervento del fondo maltese Abalone.

Aveva poi mostrato interesse per rilevare Melegatti Hausbrandt Trieste 1892, il marchio trevigiano del caffè di Fabrizio Zanetti, con i lavoratori intanto messi in cassa integrazio­ne. Non si era però arrivati a una soluzione positiva e alla scadenza dei termini per la presentazi­one di una proposta di concordato preventivo, si era aperta la strada del fallimento.

In questo contesto il fondo americano D.E. Shaw & C. aveva presentato un piano di salvataggi­o e la previsione di un investimen­to di 20 milioni di euro per rilanciare la società, ma anche questa iniziativa non era stata realizzata. Una prima asta fallimenta­re per la cessione di Melegatti si era chiusa nel luglio scorso senza offerte. Il colosso di Cincinnati Procter & Gamble è tornato a scommetter­e sul made in Italy, dopo un decennio di riorganizz­azione globale che ha ridotto da 200 a 65 i marchi sul mercato. E la storica fabbrica di Gattatico (a Reggio Emilia) nata 46 anni fa con il detersivo Nelsen dei fratelli Melli e rilevata nel 1988 da P&G non produce più il detersivo per piatti (il brand fu venduto a Henkel nel 2000) ma è diventata l’hub europeo dei prodotti di pulizia per le superfici dure: Mastro Lindo e Viakal sono fatti qui per 20 Paesi tra Europa e Nordafrica, dalle formulazio­ni chimiche al soffiaggio dei flaconi. L’85% dei 160 milioni di bottiglie prodotte ogni anno (per 350 diverse referenze) è esportato.

P&G ha investito una cinquantin­a di milioni di euro negli ultimi cinque

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