Intelligenza artificiale, Microsoft investe 100 milioni in «skills»
«Ripartire dalle competenze con ambizione». Non è casuale la scelta del nome – Ambizione Italia – per identificare non un software o un programma, ma un vero e proprio ecosistema per formare alle opportunità della trasformazione digitale e dell’Intelligenza artificiale gli studenti delle scuole superiori, e per riaggiornare e qualificare le competenze di chi oggi è occupato – dal tecnico al manager – o un lavoro non ce l’ha ma lo cerca. Lo ha spiegato ieri a Milano, presentando il progetto, l’amministratore delegato di Microsoft Italia, Silvia Candiani.
Dottoressa Candiani, l’Italia sconta ancora un forte ritardo sul fronte della digitalizzazione. Da che premesse partiamo?
Secondo i dati del Digital Economy & Society Index, siamo al 25° posto su 28 Paesi Ue nella competitività digitale. Praticamente, sopra a Bulgaria e la Romania. Ma da quì ai prossimi anni avremo 20 miliardi di oggetti interconnessi. Solo il 15% delle imprese italiane ha dichiarato di essere andata oltre lo sviluppo di progetti pilota, rispetto a una media Ue del 32 per cento. Dobbiamo far capire, soprattutto alle Pmi, che occorre un approccio programmatico e strutturale, che gli impieghi dell’Intelligenza artificiale sono molteplici, remunerativi nel breve-medio periodo, e aiutano a ridurre sprechi e inefficienze. Ma per far questo, bisogna poter contare su competenze avanzate.
Quanto investirete e con quali obiettivi in Ambizione - Italia?
Investiremo 100 milioni di euro in iniziative, programmi e corsi sulle digital skills che coinvolgeranno 2 milioni tra studenti, Neet (giovani che non studiano e non lavorano) e professionisti in tutta Italia entro il 2020. Puntiamo a formare oltre 500mila persone già in attività con nuove competenze e a certificare 50mila professionisti. Partner in prima linea nell’iniziativa sono, assieme a Microsoft, The Adecco Group, LinkedIn, Invitalia, Cariplo Factory e Fondazione Mondo Digitale. Non solo.
Per ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, con Adecco Group abbiamo siglato un protocollo d’intesa. Nasce con questo obiettivo Phyd – un investimento di 6 milioni di euro – ovvero una piattaforma digitale che permette di visualizzare il posizionamento di giovani e professionisti in una mappa che incrocia opportunità lavorative, requisiti e caratteristiche personali, consente di individuare i percorsi professionali più pertinenti e le traiettorie formative da seguire.
Il Governo ha pronta la nuova versione del piano Industria
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APPROCCIO PROGRAMMATICO
«Gli impieghi dell’IA sono molti, remunerativi nel brevemedio termine e aiutano a ridurre sprechi e inefficienze»
4.0, dove è peraltro in bilico il voucher per l’Innovation manager per aiutare le Pmi. Che ne pensa?
Credo che il primo piano di Industria 4.0 abbia smosso le acque e portato le imprese a mettere la digitalizzazione in cima alla propria agenda. In questa seconda fase, servono maggiore impegno e priorità sia sulla formazione professionale che dei giovani. Ed è necessario estendere gli incentivi, sino ad ora riservati solo a macchinari e licenze, cioè a beni capitalizzabili, anche al cloud computing. Per colmare il digital gap delle Pmi sarebbe necessario introdurre anche un’iperdeducibilità per i sistemi informatici avanzati.
Infine, restano le difficoltà di digitalizzazione della Pa. Quanto pesano sul sistema Paese?
Certo una Pa digitale è anche un volàno per le Pmi. Pensiamo solo a quanto aumenterebbe la competitività dell’Italia se avessimo un sistema Giustizia digitalizzato. Però ci sono casi di eccellenza anche nella Pa. Ad esempio, è il caso dell’Inail che ha digitalizzato i database e oggi ha tempi di procedure molto più veloci. Con AgriDigit, assieme al Crea – l’ente sulla ricerca agroalimentare vigilato dal ministero per l’Agricoltura – abbiamo, invece, sviluppato un piano per sfruttare le potenzialità della blockchain per la tutela dei beni agroalimentari Made in Italy.
L’Italia ha siglato, due giorni fa, la partnership europea per la tecnologia. Cosa significa?
Arrivare, in futuro, ad avere standard Ue comuni e sviluppare la tecnologia insieme ai partner europei ritengo sia importante, anche perchè ci darà una più forte capacità competitiva.