Putin sfida il tabù delle pensioni: il fine-lavoro slitta di cinque anni
La legge allunga i requisiti: si arriva ai 60 anni per le donne e ai 65 per gli uomini È il primo vero test per la popolarità del presidente e del partito di governo
Sulla linea che collega il centro di Kazan alla stazione fluviale sul Volga, Irina ora vende i biglietti. Prima di andare in pensione, racconta, lei li guidava, gli autobus. La sua è una delle tante storie di cui è costellata la Russia, dove la pensione media è pari a soli 14.400 rubli, 190 euro. Per raccogliere qualcosa di più, tanti cercano un secondo lavoro, magari meno impegnativo ma estenuante come seguire per ore il flusso dei passeggeri sulle scale mobili del metrò, finché hanno le forze.
Ora, uomini o donne, dovranno aspettare altri cinque anni per poter integrare la pensione con uno stipendio spesso - a quest’età - altrettanto sottile. La riforma approvata dalla Duma in terza lettura il 27 settembre, e ora in attesa del via libera del Senato e della firma di Vladimir Putin, mette mano a un sistema previdenziale creato da Stalin per la prima volta dal 1932. Non possiamo più rinviare, ha spiegato Putin in tv: tra il 2019 e il 2028 l’età pensionabile salirà gradualmente da 55 a 60 anni per le donne, da 60 a 65 per gli uomini.
In direzione contraria, la popolarità del presidente accusa il colpo: all’87% nel 2014, l’anno del ritorno della Crimea nella Federazione Russa, è ormai al 63%, ridimensionata da una protesta che riempie le piazze, penalizza il partito del potere nelle elezioni locali, rompe i ranghi nella Duma dove per la prima volta l’opposizione “addomesticata” di comunisti e nazionalisti ha votato in forze a modo suo, contro la riforma. Passata con 332 voti a favore e 83 contrari. «L’aumento dell’età pensionabile è un genocidio!», gridano davanti al Parlamento i manifestanti mentre le petizioni contro la riforma raccolgono decine e centinaia di migliaia di firme.
In un Paese dove l’aspettativa di vita è di soli 66 anni per gli uomini, e 77 per le donne, il Cremlino è consapevole di quanto sia delicato questo fronte: resta molto poco tempo, dicono gli oppositori, per godersi il riposo. Sperando di attirare meno attenzione possibile, il governo ha annunciato la proposta il 14 giugno, giorno di inizio invecchiando rapidamente, e lo Stato spende sempre di più: «Per ora le risorse del Fondo pensioni sono sufficienti - ha spiegato Putin - ma dobbiamo pensare alle generazioni future, garantire la stabilità finanziaria del sistema per parecchi anni». Promette aumenti annuali di mille rubli, per poter arrivare nel 2024 a una pensione media di 20mila rubli. Sorvola però sulle categorie che verranno esentate dal cambiamento: i servizi di sicurezza, i militari, oltre naturalmente all’immensa nube grigia dell’economia sommersa. E non affronta il nodo che cambierebbe davvero il sistema, il passaggio da un regime distributivo “pay as you go” agli investimenti di una rete di fondi pensione privati.
La riforma, sostengono i parlamentari di Russia Unita, non è necessaria per coprire i buchi del Fondo pensioni, ma per consentire di aumentare i pagamenti al di sopra dell’inflazione. Osservatori più critici la attribuiscono al contrario alla necessità non più rinviabile di mettere in ordine i conti dello Stato, per garantire l’aumento della spesa pubblica che deve salvare la popolarità del presidente (evitando di toccare, nel budget, le voci della difesa e della sicurezza). In questo momento le quotazioni del petrolio sorridono al Cremlino, ma la priorità è rafforzare le difese finanziarie per il futuro, in vista delle nuove sanzioni minacciate da Washington: quando per Putin sarà cruciale ritrovare la popolarità perduta. Il presidente già ora ci prova a modo suo, pensando proprio ai timori di persone come Irina a Kazan. A partire dall’anno prossimo, ha detto Putin, i datori di lavoro che licenzieranno senza giusta causa persone vicine all’età pensionabile, o si rifiuteranno di assumerle, compiranno un reato. Punibile con sanzioni fino a 200mila rubli, o con lavori forzati fino a 360 ore.