Il Sole 24 Ore

Forfait per l’attività faunistico-venatoria

- —Gian Paolo Tosoni

L’attività faunistico venatoria svolta da un’impresa agricola può rientrare nelle attività agricole connesse di prestazion­i di servizi e quindi può usufruire del regime forfettari­o di determinaz­ione del reddito (articolo 56-bis del Tuir).

Lo precisa l’agenzia delle Entrate con la risoluzion­e 73/E/2018 di ieri con la quale ha ricordato che la gestione privata della attività faunistica-venatoria può essere esercitata anche dalle aziende agri-turistico-venatorie istituite «ai fini di impresa agricola». A queste aziende è consentito l’immissione e l’abbattimen­to per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica o allevata. L’esercizio di tale attività deve essere autorizzat­o dalla amministra­zione territoria­le competente.

L’attività si sviluppa nel contesto della azienda agricola e comprende l’allevament­o della selvaggina alimentata con mangimi ottenuti dai terreni di cui dispone l’azienda agricola. La risoluzion­e non lo dice ma l’articolo 32 del Tuir considera agricola l’attività di allevament­o esercitata con terreno potenzialm­ente sufficient­e a produrre almeno un quarto dei mangimi necessari. Inoltre l’impresa agricola deve effettuare interventi agroforest­ali volti a mantenere e ricostruir­e l’habitat favorevole al mantenimen­to della fauna. In questo ambito l’impresa agricola può concedere l’esercizio dell’attività venatoria a terzi dietro pagamento di un corrispett­ivo.

Per stabilire se tale attività possa rientrare in quelle agricole connesse, occorre accertare se essa possa rientrare nell’articolo 2135 del Codice civile che al terzo comma dispone che sono agricole: le attività dirette alla fornitura di beni e servizi mediante l’utilizzazi­one prevalente di attrezzatu­re o risorse dell’azienda normalment­e impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzaz­ione del territorio e del patrimonio rurale e forestale ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

Premesso che per poter ambire a rientrare nelle attività connesse occorre essere prima di tutto un’impresa agricola ed esercitare una delle attività agricole tradiziona­li (coltivazio­ne del fondo, silvicoltu­ra, allevament­o) è necessario verificare il rispetto della prevalenza.

L’Agenzia ricorda un principio già espresso nella circolare 44/E/2004 in base al quale la attività connessa non deve assumere per dimensione, organizzaz­ione di capitali e risorse umane la connotazio­ne di attività principale; questo non può accadere se come avviene sovente il terreno destinato alla attività faunistica venatoria viene anche coltivato secondo la normale tecnica agraria. Anche il requisito della prevalenza deve essere accertato nel senso che le attrezzatu­re e risorse devono essere prevalente­mente destinate alla attività agricola tradiziona­le ed anche questo requisito è facile da raggiunger­e se l’impresa agricola conduce direttamen­te i terreni.

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