«Stretta» in vista per le imprese, bond e mutui costano di più
La ripresa economica rischia di essere frenata dai nuovi oneri sui prestiti
«Fino ad oggi la banca ha deciso di non trasferire l’aumento del costo del finanziamento sulle imprese e sulle famiglie. L’abbiamo fatto per un motivo di politica commerciale, ma anche sperando che l’aumento dello spread sui BTp fosse temporaneo. Ma non possiamo andare avanti così per sempre». Se ancora si percepisce poco l’effetto sull’economia reale dell’impennata dello spread tra i BTp e i Bund, il motivo lo spiega questo banchiere italiano che preferisce restare anonimo: la maggior parte degli istituti di credito, nella speranza che il caro-BTp fosse temporaneo, ha deciso di non trasferire sui clienti l’aumento dei tassi d’interesse. O di farlo, per ora, molto poco. Secondo quanto dichiarato da Mario Draghi pochi giorni fa il costo dei nuovi finanziamenti per le Pmi in Italia è già aumentato di circa 20 punti base. Ma prima o poi, se la normalità non tornasse sui mercati dei titoli di Stato, le banche (ma anche le assicurazioni e le società di leasing) saranno costrette a “stringere” maggiormente. Sulle imprese. Sugli artigiani. Sulle famiglie.
Il contagio bancario
I meccanismi con cui lo spread dei BTp propaga i suoi effetti sono molti. Ma il maggiore parte proprio dalle banche. Per erogare finanziamenti, gli istituti di credito devono prima raccogliere denaro sul mercato. Attualmente (secondo i dati di Bankitalia) le fonti di finanziamento delle banche italiane sono così ripartite: 51% depositi alla clientela, 15% mercato interbancario, 9,5% banche centrali, 15,5% obbligazioni e 7% passività nei confronti di soggetti non italiani. Se i depositi, la Bce e il mercato interbancario non hanno registrato alcun rincaro dei tassi a causa dello spread, gli altri canali di finanziamento delle banche sì. Soprattutto le obbligazioni.
Secondo i dati di Bloomberg, dal 15 maggio i rendimenti dei bond quinquennali (rispetto al tasso “neutro” mid-swap) sono infatti aumentati di 110 punti base per UniCredit, di 119 per Intesa Sanpaolo e di 155 per Ubi Banca. Nello stesso periodo i tassi dei bond della francese Bnp Paribas sono cresciuti di appena 13 centesimi e quelli della spagnola Santander di 18. Insomma: per le banche italiane (solo per loro) questa fonte di finanziamento è rincarata molto. Per colpa dello spread. È vero che i bond pesano “solo” per il 15,5% nella raccolta delle banche, ma questo ha comunque aumentato già ora il costo medio dei loro finanziamenti. E se le banche pagano di più per reperire fondi, dovranno prima o poi far pagare di più il credito alle imprese e alle famiglie. Non solo. L’aumento dello spread dei BTp va anche ad impattare negativamente (si veda articolo in pagina) sul patrimonio delle banche stesse: questo ha l’effetto di ridurre la loro capacità di erogare credito all’economia.
Così il rischio è che il credito per le imprese diminuisca e che costi di più allo stesso tempo. Se non è ancora accaduto davvero è perché le banche hanno deciso di stringere i denti e di aspettare. Ma prima o poi dovranno farlo, proprio come la benzina rincara se sale il prezzo del petrolio. Del resto è accaduto esattamente questo durante la passata crisi dello spread del 2011: secondo uno studio di Crif Decision Solutions (che ha nel database i dati reali di imprese e famiglie), nel corso del 2011 solo a causa del caro-spread dei BTp le aziende italiane hanno dovuto pagare 15 miliardi di oneri finanziari aggiuntivi. Con pesanti effetti sull’economia.
Gli altri canali
Ma non ci sono solo le banche a “trasmettere” il caro-spread sulle imprese. A pesare sulle aziende c’è anche l’impatto sulle compagnie di assicurazione: nel primo semestre 2018 l’aumento dello spread dei BTp ha infatti eroso la solvibilità (Solvency 2) delle compagnie italiane tra i 20 e i 50 punti base circa. Certo, il settore è ancora particolarmente resistente, ma molte compagnie hanno politiche di riduzione delle attività e dei rischi che scattano obbligatoriamente man mano che il coefficiente scende. Morale: più sale lo spread dei BTp e scende il Solvency 2 ratio, più le assicurazioni sono costrette a rincarare le coperture assicurative alle imprese e a ridurre l’esposizione sui settori più rischiosi. Questo ha un impatto diretto (e negativo) sui conti delle aziende italiane e sulla loro capacità di accedere
Le banche fino ad ora non hanno trasferito i maggiori costi di raccolta ai clienti sperando in un rientro dello spread
al credito e a strumenti di protezione dai rischi.
L’aumento dello spread dei BTp pesa anche sul settore del leasing, che rappresenta un’altra fonte di spesa delle imprese italiane. Anche le società di leasing si finanziano sul mercato (principalmente attraverso cartolarizzazioni) e se queste fonti costano di più a causa di un maggior rischioItalia, presto o tardi anche il costo dei nuovi leasing alle imprese aumenterà. «Per ora non l’abbiamo fatto per motivi commerciali - confessa l’amministratore delegato di una società di leasing - e abbiamo caricato i maggiori costi sulle nostre spalle. Ma non potremo resistere a lungo». E discorso analogo per il credito al consumo. Per non parlare del mercato obbligazionario: le poche imprese che hanno emesso bond o mini-bond sono state costrette a pagare di più (64 punti base aggiuntivi secondo Draghi). Ma molte hanno dovuto rinunciare. «Avevamo alcuni minibond in cantiere a favore di Pmi italiane - racconta un banchiere - ma in gran parte queste operazioni sono state ritirate». Per questo non ci si può girare dall’altra parte se lo spread sale: perché dalle banche, dalle assicurazioni e dalle società di leasing alle imprese il passo è breve. Il rischio è che la crescita economica, tanto ambita da questo Governo, venga azzoppata dallo spread prima ancora di iniziare.