Il Sole 24 Ore

Industria 4.0: un nuovo piano per evitare l’effetto boomerang

Il provvedime­nto serve a non compromett­ere i risultati raggiunti Più formazione per coinvolger­e il 51% delle imprese finora escluse

- Carmine Fotina e Lello Naso

Le imprese e i tecnici di Industria 4.0 lanciano l’allarme: senza incentivi per la formazione e senza un piano pluriennal­e lo sviluppo digitale del sistema industrial­e rischia di bloccarsi. La proroga di un anno del Piano Industria 4.0 ha un obiettivo chiaro: far accedere agli incentivi il 51% delle imprese che finora non ha usufruito degli aiuti. Ma le piccole e medie imprese (Pmi), spina dorsale della manifattur­a italiana, restano a corto di competenze e ora diventa cruciale preparare il personale alla svolta digitale.

Gli incentivi della prima fase hanno favorito l’acquisto di 50mila macchine utensili di nuova generazion­e, quasi il 20% del patrimonio installato. Ma nonostante la metà delle imprese abbia i requisiti per ricorrere agli incentivi, i segnali di calo dell’intensità sono evidenti.

Le imprese e i tecnici di Industria 4.0 lanciano l’allarme: senza incentivi per la formazione e senza un piano pluriennal­e lo sviluppo digitale del sistema industrial­e rischia di bloccarsi. La mission della proroga di un anno del Piano Industria 4.0 è chiara: far accedere agli incentivi il 51% delle imprese che nella prima tornata non ha usufruito degli aiuti, prevalente­mente piccole aziende. C’è poco, invece, per consolidar­e gli investimen­ti del 49% che ha già acquisito macchine digitali con lo sconto fiscale. Si rischia così di depotenzia­re gli investimen­ti degli ultimi tre anni.

Gli incentivi della prima fase hanno consegnato al sistema industrial­e italiano 50mila macchine utensili di nuova generazion­e, quasi il 20% del intero patrimonio installato. Ma nonostante la metà delle imprese abbia i requisiti per ricorrere agli incentivi, i segnali di calo dell’intensità sono evidenti. La produzione di beni strumental­i, il fatturato e anche gli ordinativi sono in decisa frenata. Il cavallo delle macchine non beve più con la stessa intensità di prima. La proroga dovrebbe dargli una nuova spinta.

Sono invece in netta ascesa le ricadute a valle di Industria 4.0. Fatturato e ordinativi del comparto dei computer e dell’elettronic­a segnalano una crescita a doppia cifra. L’ultima rilevazion­e, quella relativa a luglio, registra un aumento del fatturato del 14,7% e degli ordinativi del 12,2% rispetto al 2017. La produzione industrial­e degli stessi beni è invece cresciuta dell’1,3%, in controtend­enza rispetto all’indice generale. «Il dato di luglio registra l’effetto degli acquisti dei software», dice il presidente di Confindust­ria digitale Elio Catania. «Abbiamo evidenze da parte delle nostre imprese di un aumento della domanda di sistemi, di connession­i, di tutto quanto è necessario per mettere a regime linee di produzione 4.0».

Per rafforzare il trend è in arrivo la proroga dell’iperammort­amento per investimen­ti effettuati nel 2019, ma con possibile consegna del bene fino a giugno 2020. Un rinnovo molto atteso, che verrà declinato con un vantaggio particolar­e per le Pmi. Proprio agli investimen­ti inferiori, fino a 500mila euro, è riservata l’aliquota di maggiorazi­one più alta, pari al 180% (si veda Il Sole 24 Ore del 28 settembre), un incentivo maggiore anche rispetto alla norma vigente. La tesi seguita dai tecnici del governo è molto chiara: Industria 4.0, benché non abbia mai previsto vincoli di dimensioni, è stato uno straordina­rio volano per le grandi imprese già alle prese con programmi di digitalizz­azione. Ora si impone però un cambio di passo che traghetti nella nuova dimensione le imprese meno preparate o più reticenti, che a maggior ragione hanno bisogno di essere supportate nei processi di formazione. Qualcosa comunque si muove e, sondando il mercato, anche la sensibilit­à di queste imprese sembra in crescita.

Antonio Cibotti, responsabi­le marketing di Bucci Industries, multinazio­nale tascabile di Faenza che opera nell’automazion­e dei processi, conferma la tendenza. «Monitoragg­io remoto e manutenzio­ne predittiva - dice - stanno rapidament­e passando dalla teoria di qualche anno fa alla pratica. Le grandi imprese ormai ci chiedono solo sistemi che consentano il monitoragg­io remoto delle linee. Ma anche piccole e medie imprese stanno imboccando questa strada con decisione. Sono strumenti di facile accesso, assimilabi­li a tablet e smartphone. Non si tratta di investimen­ti proibitivi, tutt’altro. Lo scoglio maggiore è convincere l’imprendito­re a mettere i dati dell’impresa sul cloud. Ma è una strada tracciata. I produttori di macchine costruiran­no solo linee a controllo remoto».

La via tecnologic­a è segnata, le nuove misure hanno l’obiettivo di avviare alla trasformaz­ione il 49% delle imprese a potenziale 4.0 che non ha fatto investimen­ti per evitare che si allarghi il digital divide industrial­e. Le imprese rimaste indietro sono di settori in difficoltà struttural­e e perlopiù localizzat­e nel Mezzogiorn­o, le più difficili da convincere.

Poi ci sono le imprese che hanno già investito nel digitale e non vanno abbandonat­e al loro destino. «Negli anni Novanta, durante la prima fase della digitalizz­azione», dice Marco Bettiol, professore di Economia aziendale all’Università di Padova, «le imprese avevano creato siti internet aziendali. La gran parte non li ha più aggiornati pensando di aver concluso l’opera. Adesso il rischio è che rimanga fermo il processo di aggiorname­nto delle tecnologie per chi ha fatto investimen­ti 4.0 soprattutt­o sotto la spinta degli incentivi». Uno studio della stessa Università di Padova fatto prima del Piano Industria 4.0 stima che nel Nord (Triveneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna) le imprese che hanno adottato tecnologie digitali sono il 18% del totale. Sono aziende di tutte le dimensioni, anche piccole e piccolissi­me. «Il discrimine – dice Bettiol – non è la dimensione né il fatturato. A investire nel digitale senza incentivi sono state soprattutt­o le imprese più internazio­nalizzate e a forte connotazio­ne innovativa. Sono i più motivati». Ma il resto, chi è ancora fuori dal processo e chi è dentro ma deve essere assistito nell’implementa­zione e nell’aggiorname­nto, è a rischio.

«È apprezzabi­le - dice Catania che il Governo dia continuità agli incentivi. Ma sarebbe più utile dare alle imprese una garanzia di stabilità nel tempo. È altrettant­o importante defiscaliz­zare la formazione dei dipendenti e dei tecnici». È una prospettiv­a di lungo periodo. «Super e iperammort­amento sono stati uno shock positivo per le imprese», dice Marco Taisch, responsabi­le dell’Osservator­io Industria 4.0 del Politecnic­o di Milano. «Bisogna insistere con le piccole imprese per non allargare il digital divide con le grandi e tra Nord e Mezzogiorn­o. La conferma degli incentivi è un’ottima decisione ma servirebbe un piano di medio-lungo periodo che incentivi anche la formazione e renda meno farraginos­i i meccanismi per attivarla».

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AFP Gli incentivi della prima fase hanno favorito l’acquisto di 50mila macchine utensili di nuova generazion­e
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