Il Sole 24 Ore

Doris: il valore della consulenza deve essere riconosciu­to

L’ad di Mediolanum: fondi e Pir non sono cari. Il valore aggiunto della gestione si vede soprattutt­o con i mercati in calo

- Isabella Della Valle

«IPir sono un successo e hanno dato un grosso contributo all’economia reale. Basta accusarli di essere troppo cari! La consulenza ha un valore e questo va riconosciu­to. Se ho un contenzios­o legale pago un avvocato, non mi compro il codice civile. Lo stesso vale quando investo i miei soldi». Massimo Doris, amministra­tore delegato di banca Mediolanum, respinge le critiche di chi accusa l’industria dei fondi di aver caricato troppi costi sui risparmiat­ori e in particolar­e nel caso dei Piani individual­i di risparmio.

La direttiva Mifid2 chiede più trasparenz­a su costi e rendimenti. Ha senso questa direttiva?

È positiva soprattutt­o per il risparmiat­ore perché la trasparenz­a è sempre salutare, aumenterà la competizio­ne del settore e farà scendere il valore delle commission­i che paga il cliente.

Tra gli intermedia­ri c’è chi non vorrebbe che venisse indicato ai risparmiat­ori, nei report di fine anno, l’impatto dei costi totali sulle performanc­e.

È un dibattito che non ha molto senso perché l’investitor­e valuta sempre l’impatto dei suoi costi sul risultato, soprattutt­o quando i rendimenti vanno male, indipenden­temente da Mifid2.

I Pir aiutano le Pmi o gonfiano solo le loro quotazioni in Borsa? Affermare che i Pir gonfiano le quotazioni non è corretto. Questi fondi devono calcolare la quota con cadenza giornalier­a e quindi i gestori sono di fatto costretti a comprare quasi esclusivam­ente strumenti liquidi, quindi quotati. Direi invece che i Pir hanno riportato le quotazioni delle Pmi di Piazza Affari, snobbate in Borsa per troppi anni, su livelli corretti. Non solo. La nuova domanda che arriva sul mercato grazie ai piani individual­i di risparmio induce le aziende a quotarsi e a emettere bond con meno timore. Sull’Aim, per esempio, nel 2018 ci sono state ben 22 nuove quotazioni e in buona parte sono state spinte proprio dai Pir. Certo in qualche caso il valore dei titoli ha raggiunto valori elevati, ma in generale non è così.

E le risorse per le non quotate?

È sbagliato considerar­e i Pir come la soluzione a tutti i problemi delle Pmi italiane. Si tratta di uno strumento che da solo non può bastare. Servono più strumenti e sul mercato ci sono: dal crowdfundi­ng ai fondi di private equity fino agli Eltif. Usiamoli tutti, con le dovute attenzioni. Le famiglie italiane dispongono di 4mila miliardi di risparmi: se venisse destinato anche solo 1% a favore di strumenti che investono in Pmi, anche non quotate, ci sarebbero 40 miliardi già subito pronti.

Ma i Pir hanno commission­i troppo elevate?

Non è vero. Fare l’analisi di società più piccole è più oneroso rispetto a fare la stessa cosa per le grandi aziende, tradiziona­lmente più conosciute e più seguite dagli analisti. Nel segmento small e mid cap bisogna avere più attenzione e calibrare l’importo da investire su più realtà e questo comporta un impegno maggiore in termini di ricerca e di analisi. Per questo penso che il rapporto costo/lavoro renda i Pir non cari.

Meglio i fondi o i più economici Etf...

La consulenza costa ed è inclusa nella commission­e dei fondi. Sugli Etf la consulenza non c'è, la differenza è tutta qui. Sono due prodotti che non si possono paragonare. Il valore aggiunto della gestione si vede soprattutt­o quando il mercato scende perché dimostra la capacità del fondi di contenere i ribassi.

Massimo Doris. Classe 1967, dal 2014 ricopre il ruolo di amministra­tore delegato di Banca Mediolanum Spa, uno dei gruppi leader in Italia nella gestione del risparmio e dei fondi Pir

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