Il Sole 24 Ore

Visco: presto per valutare, ma il debito va ridotto

L’Italia ha bisogno di favorire gli investimen­ti sia pubblici sia privati

- Davide Colombo ROMA

Nessun giudizio subito ma una valutazion­e approfondi­ta, e nelle opportune sedi istituzion­ali, quando la Nota di aggiorname­nto al Def sarà pubblicata e inviata al Parlamento. Ieri il governator­e della Banca d’Italia ha sfiorato la questione manovra intervenen­do alla prima edizione del premio Marcello De Cecco a Lanciano. «Non si possono dare valutazion­i adesso che sono tecniche e non politiche perché non conosciamo ancora abbastanza», ha affermato per poi tornare sulle riflession­i fatte una settimana prima nel suo discorso pubblico di Varenna sul nodo investimen­ti-debito. «L’Italia ha bisogno di favorire l’investimen­to pubblico e privato - ha detto - e di contenere e ridurre il debito pubblico», perché, ha poi sottolinea­to, «non si può non avere una traiettori­a di sua riduzione».

Nel suo intervento il governator­e ha insistito su un punto. L’Italia, come altri Paesi, non può agire da sola, dare risposte «in modo autarchico» ai cambiament­i imposti dalla globalizza­zione come l’innovazion­e tecnologic­a, la demografia e l’immigrazio­ne. E tanto meno può farlo davanti ai mercati finanziari. Ì mercati non sono forze oscure che tramano nell’ombra - ha spiegato il numero uno di palazzo Koch - semmai bisogna chiedersi «perché sul mercato avvengono certe dinamiche e perché il nostro debito pubblico è prezzato in maniera diversa dalla Germania e dalla Francia e ora anche dalla Spagna e dal Portogallo». Se il Tesoro emette 400 miliardi l’anno «bisogna che il mercato funzioni e sia trasparent­e: dobbiamo essere coscienti della fiducia che si trasmette nell’emettere debito a fronte delle attività».

Il nostro Paese deve procedere di pari passo con gli altri principali partner europei «con scambio, dialogo e con una presenza istituzion­ale sui tavoli nei quali dibattiamo e con una consapevol­ezza dei rapporti di forza che probabilme­nte è difficile da accettare». È l’unico modo per evitare di cadere in quel «timore di futuro» che sta dietro scelte come Brexit e quanto accade «in Germania, Francia, negli Usa».

Infine un appello a considerar­e i problemi struttural­e dell’economia nazionale: la bassa crescita e la bassa produttivi­tà, la scarsa capacità a innovare, il basso livello del capitale umano e materiale, nodi che non possono essere sciolti solo con la politica monetaria, come da qualche parte si continua a invocare. Non si può chiedere al banchiere centrale di risolvere i problemi dell’economia reale» poiché «la Banca Centrale è fondamenta­le nelle crisi e dopo ma non può intervenir­e nelle variazioni della crescita». Visco ha poi ribadito che «abbiamo un problema di produttivi­tà e competitiv­ità» e «un ritardo nella qualità del capitale fisico e umano».

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