«Web tax e una sola base imponibile per le imprese»
Vincenzo Visco, 76 anni, una vita passata tra Università e politica anche come ministro delle Finanze e del Tesoro nei Governi di centrosinistra nel periodo dal '96 al 2008, continua ad occuparsi di politica economica e finanza pubblica. Lo fa con il centro studi Nens (Nuova economia nuova società), fondato nel 2001 e che presiede.
Al Sole-24 Ore spiega quali sono le urgenze che la Ue deve affrontare nel tentativo di armonizzare la fiscalità sulle imposte dirette all’interno degli Stati europei. Una strada obbligata se davvero si vogliono eliminare le distorsioni di mercato e di concorrenza leale per le imprese.
Professore qual è la prima mossa sullo scacchiere?
La web tax europea. È una cosa urgente. Ci sono già dei progetti di direttiva che si sono un po’ arenati. Confido però che ci si possa arrivare.
Può bastare questo per riportare armonia laddove sembra vigere l’anarchia?
Non basta. L’altra cosa da fare è intervenire sulla base imponibile in modo da renderla consolidata e uniforme ai fini di un’imposta sulle società. Ogni Paese avrebbe la libertà di fissare l'aliquota, con una successiva ripartizione del gettito tra i vari Paesi in base a specifici parametri. Questo eliminerebbe gran parte dell’elusione fiscale che oggi i gruppi multinazionali sono in grado di fare.
Ci sembra di avre già sentito questa proposta.
Già. È una proposta che da ministro delle Finanze avanzai in Europa già 20 anni fa. Grande successo, dibattiti, proposta di direttiva, discussione al Parlamento europeo, approvazione della proposta, dopo di che la direttiva non venne varata a causa dell’opposizione dei soliti piccoli Paesi.
Quali sono i Paesi che si opposero allora e che ancora oggi si oppongono all'armonizzazione delle basi imponibili societarie?
Sono sempre gli stessi. All’epoca non era d'accordo in primis la Gran Bretagna che bloccava tutto ma la Brexit ha risolto il problema. Non sono d’accordo quei Paesi che fanno ruling specifici per ogni società e di conseguenza consentono di eludere le imposte e spostare i profitti senza tassazione, di solito in paradisi fiscali dove poi scompaiono. Si può parlare di profitti apolidi.
Ma c’è un “ma”: la riforma Trump.
Le cose stanno cambiando perché la riforma Trump in qualche modo spiazza Paesi come per l'Irlanda, in quanto prevede la tassazione a livello mondiale negli Stati Uniti di tutti i profitti consolidati, distribuiti o meno e quindi il vantaggio, soprattutto per le multinazionali, si è molto ridotto. L'imposta al momento è bassa ma è destinata a salire.
Il provvedimento è collegato al rimpatrio dei capitali negli Usa. Esatto e coinvolge non solo le imprese del web ma tutte, comprese le imprese relativamente piccole. In Lussemburgo c'è una sfilza di società che hanno la sola cassetta postale. Se riusciamo a compensare questi Paesi per il gettito che perdono, allora si può sperare di fare passi avanti anche per l'armonizzazione fiscale europea.