Un taxi autonomo per guidare l’innovazione giapponese
Si è chiusa a settembre la sperimentazione del primo servizio al mondo di taxi a guida autonoma, che ha debuttato nel centro di Tokyo il 27 agosto e tornerà sicuramente su più vasta scala per le Olimpiadi 2020. Un esperimento parzialmente finanziato dal governo metropolitano, di breve durata ma con una sua importanza non indifferente, in quanto è stato enfatizzata la sua caratteristica di primo servizio commerciale in assoluto, lungo un percorso che, per quanto predefinito, avveniva su strade trafficate e aperte al pubblico e non all’interno di aree riservate.
Il veicolo utilizzato, un monovolume Toyota modificato dal produttore giapponese di robot Zmp e gestito dalla compagnia di taxi Hinomaru Kotsu, ha trasportato i passeggeri lungo un tragitto di circa 5 km, dalla principale stazione ferroviaria di Tokyo al centralissimo quartiere di Roppongi. In questa fase il taxi ha effettuato solo quattro viaggi di andata e ritorno al giorno, che andavano prenotati online (le corse sono andate subito a ruba). Il viaggio è costato 1.500 yen (quasi 12 euro) a tratta e i passeggeri hanno utilizzato un’applicazione per smartphone per prenotare e pagare il viaggio. Le due società sperano di iniziare le operazioni commerciali complete nel 2020, quando la città ospiterà le Olimpiadi estive, con l’obiettivo di una flotta fino a 500 taxi .
Un target che appare ambizioso, ma sia le case automobilistiche nipponiche (in tandem con gruppi tecnologici come Zmp e DeNa), sia il governo tengono molto a fare dei Giochi estivi una vetrina di avanguardia per tecnologie e servizi avanzati su cui anche operatori europei e americani stanno accelerando gli investimenti e facendo progressi. «Con questo esperimento il Giappone si conferma all’avanguardia nel disegnare servizi innovativi basati sulle possibilità offerte dalle più moderne tecnologie – osserva Ludovico Ciferri, presidente di Advanet, società giapponese parte del gruppo italiano Eurotech. –. Un po’ meno nell’usare queste tecnologie».
Ciferri gode di un osservatorio privilegiato: Advanet ha infatti disegnato e produce la parte “core” della soluzione tecnologica che Eurotech fornisce a un primario gruppo automobilistico tedesco per il testing della loro piattaforma di guida autonoma di livello 5 (il più alto, che si prevede di raggiungere non prima del 2023). E spiega perché non è impressionato da un primato temporale che ha colpito l’immaginazione del pubblico giapponese: «Il livello tecnologico delle soluzioni in fase di testing in Europa, ma soprattutto negli Stati Uniti, è in realtà superiore a quello in Giappone. Perché qui sembra prevalere un’incapacità del sistema industriale di abbracciare rapidamente soluzioni tecnologiche non prodotte internamente dai grandi gruppi industriali, che sono invece notoriamente lenti». A livello sistemico la forza del Giappone sta nel creare un ecosistema di attori che permettano l’avvio di servizi innovativi: basti ricordare il “mobile internet” che nasce, come servizio, in Giappone nel 1999 quando ancora il resto del mondo si stava interrogando su come superare il semplice Sms.
Nel caso del servizio di taxi autonomo di Tokyo, un ruolo fondamentale è svolto dalla società di taxi Hinomaru e dai fornitori della soluzione di pagamento di prossimità che permettono di prenotare e pagare il taxi con una semplice applicazione. Analogo sforzo sta facendo ad esempio il gruppo Softbank, che crede nello sviluppo dei mezzi a guida autonoma (piccole navette) come soluzione al problema del servizio pubblico in zone scarsamente popolate.
La lentezza del sistema giapponese nel riconoscere l’innovazione tecnologica prodotta nel Paese da aziende che non siano i grandi gruppi industriali è alla base di scelte poco felici che negli anni hanno visto primarie società giapponesi investire in aziende straniere innovative, salvo poi dover stralciare gli investimenti. Commenta Ciferri: «Questa è la vera “sindrome Galapagos” di cui si lamentano i giapponesi stessi quando dicono di sentirsi alla periferia del mondo: incapacità di guardare a cosa di buono sia stato prodotto all’interno, se non viene da operatori consolidati». La situazione sta tuttavia cambiando proprio grazie al bisogno estremo di risorse umane con competenze specialistiche per affrontare il mercato dei sistemi di guida autonoma. «Trillium, ad esempio, giovane azienda giapponese fondata da un americano e con una forza lavoro dinamica e multinazionale, si occupa di cybersicurezza negli autoveicoli – conclude Ciferri - e sta dimostrando che anche in Giappone è possibile fare innovazione tecnologica e di prodotto senza appartenere a uno dei grandi e blasonati gruppi industriali».