Il Sole 24 Ore

IL TEMPO TI FA BELLO: ELOGIO DEGLI OGGETTI CON LA PATINA

- Di Chiara Beghelli

Polvere d’oro e una colla ricavata dall’albero della lacca sono gli ingredient­i base per dar vita a una delle usanze più struggenti della cultura giapponese, il kintsugi. Quando un oggetto si rompe, invece di gettarlo nella pattumiera, si porta da un artigiano che ne unisce i frammenti con una colla dorata: ne nascono cicatrici che per sempre saranno emblema del tempo passato su quell’oggetto, cambiandol­o e rendendolo persino più prezioso.

Nell’era del fast-tutto e della crescita economica legata a quella dei consumi, gli oggetti orgogliosi di portare su di sé non solo la patina degli anni e degli eventi, ma anche di farne manifesto di bellezza, sono piccole rivoluzion­i. La pelle trattata con cera d’api che riveste la Vespa nell’allestimen­to firmato dalla Bottega Conticelli di Castel Giorgio, in provincia di Terni – e che ha fatto furore alla mostra “Homo Faber” che si chiude oggi a Venezia – promette di diventare ancora più bella sotto la pioggia e il sole. Nella versione con cuoio “ubriaco”, la pelle viene messa prima a macerare nel vino Rosso Montiano di cantina Falesco.

Gli elementi atmosferic­i, uniti alle mani e all’uso quotidiano, rendono unica la pelle trattata con tinture vegetali delle borse di Mansur Gavriel, marchio statuniten­se di accessori fatti in Italia: sul biglietto che chi le acquista trova nella scatola c’è scritto «la patina creata dal tempo evolverà, la pioggia disegnerà delle macchie. Ma secondo noi non è un difetto. Le rende pezzi unici».

La stessa natura appartiene agli arredi della falegnamer­iaatelier Laquercia2­1, a Narni: dalle linee contempora­nee, sono fatti di legno recuperato, di cui si proteggono con cura graffi e screpolatu­re. Una delle ultime creazioni dei quattro giovani artigiani è una credenza composta da una vecchia insegna di un festival dell’Unità, dove spiccano, scolorite, le prime lettere del nome del quotidiano. «Verrà del tempo la maestra mano a dare all’opra tua l’ultimo tocco», scriveva nel 1694 il poeta John Dryden al pittore Sir Godfrey Kneller: la stessa filosofia degli oggetti che il tempo abbellisce è condivisa da chi arreda il suo giardino con sculture, vasi o panche in materiali che perdono uniformità e levigatezz­a per accogliere su di sé la storia del luogo in cui si trovano. I parchi delle ville Palladiane, in Veneto, sono punteggiat­i di oggetti in pietra di Vicenza, la stessa che dal 1903 usa la ditta Peotta attingendo alle cave sui Colli Berici per arredare anche i giardini del XXI secolo. E all’Impruneta, dalle fornaci medievali dell’azienda Poggi e da quelle ottocentes­che di Masini, escono vasi di terracotta pronti orgogliosa­mente a scurirsi, scheggiars­i, macchiarsi di licheni.

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