Una poesia che è deformazione e riduzione
ÈAlessandra Carnaroli la nuova sensazione poetica di questi ultimi anni. Almeno dal 2011, quando pubblica Femminimondo, questa marchigiana del ’79 va dritta per la sua strada: con sprezzo dei due segnali di pericolo che vi lampeggiano. Il primo è la sempre più crudele riduzione di una lingua deprivata di ogni marca di letterarietà, di ogni tropo (a meno di non irriderlo con urticante parodia, come la rima “facile” di Sespersa), sino a uno stato elementare e anzi primario (Primine, appunto, le poesie “scolastiche” pubblicate l’anno scorso dal «verri»). Il grado zero della poesia, come lo chiamava Antonio Porta, è l’asintoto cui tende, senza mai raggiungerlo, questa poesia povera.
L’altro rischio è quello della poesia “a tema”: per cui si possa definire Femminimondo «il libro sul femminicidio», Elsamatta «il libro del disagio mentale», Primine quello «sui bambini disturbati» e, ora, Ex-voto «il libro dell’ospedalizzazione» e Sespersa quello sull’«aborto». I «temi» alla cui «brutale deformazione» (per dirla con Gadda) si pone Carnaroli valgono almeno tanto per la deformazione che per loro stessi: un trattamento che li rende irriconoscibili rispetto alla doxa mediatica. Sicché, come dice Helena Janeczek nell’introduzione a Sespersa, questa «è poesia ricavata da un aborto»: non poesia dell’aborto bensì, appunto, dall’aborto.
«Sperso» è il corpo: «sono brava a dissociarmi / dal mio corpo / che è diventato mezzo / di procreazione assistita». Tanto il corpo del soggetto che quello del linguaggio. Partes extra partes deprivate di organismo – come ha insegnato Jean-Luc Nancy – sono i brandelli di carne mineralizzati nella fissità premoderna degli ex voto: oggetti-reliquia che evitano di idealizzare un corpo «ricalcato per essere votato», ha scritto Georges Didi-Huberman. S’intitola infatti Ex-voto, se non il capolavoro, il libro-quintessenza di Carnaroli. La quale una volta ha detto di «scrivere per immagini corte tipo Lascaux»: con maniera «rupestre» da «pittore di bisonti». Fastosamente impaginato con grandi pagine “a soffietto”, Ex-voto non a caso ai versi affianca suoi disegni che raffigurano, col primitivismo davvero crudele della devozione popolare, la varia sintomatica del corpo offeso della «diciottenne passata dall’aperitivo / in centro al centro / irrecuperabili», o della madre la cui «camicia da notte / leggera / lascia vedere / quello che c’è sotto / due tettine / secche / due ghiandoline / come giuggiole». Un corpo fattosi sottile, ormai, come carta: «potrei / trovarti / il cuore / ad occhio / nudo / ma farebbe troppo male / da guardare / tipo / eclisse / solare».