Il Sole 24 Ore

La colonna sonora dell’universo

Lezioni spaziali. Dalle onde gravitazio­nali ci arriva la teoria dello «spacchetta­mento» dell’espansione attraverso la separazion­e. Oggi la rete fa sì che idee, beni e persone si allontanin­o sempre più in fretta

- Paolo Legrenzi

C’era una volta il giovane Adalberto Giazotto, scienziato errabondo con base a Pisa. Fin da piccolo era stato affascinat­o dall’elettricit­à, dalle antenne e dalla ricezione di segnali. A nove anni già costruiva radio e trasmettit­ori. Da grande si mise a colleziona­re cristalli. Possedeva una tormalina formatasi un miliardo e settecento milioni di anni fa, un intervallo disumano se si pensa al periodo trascorso dalle prime tracce dei nostri progenitor­i sulla terra.

Giazotto studiò fisica ed ebbe grandi maestri come Edoardo Amaldi. Fu colpito dall’eleganza formale della teoria della relatività ma anche dall’ipotesi di Einstein che i cataclismi cosmici avessero emesso onde gravitazio­nali. Non si trattava di tracce del passato facili da individuar­e

Adalberto Giazotto catturò i segnali di due stelle che terminano la vita con un’esplosione

come i suoi cristalli. Era necessaria un’antenna ricevente ben più sensibile di quelle che costruiva a dieci anni.

Andrea Parlangeli, fisico e giornalist­a, è riuscito a raccoglier­e la testimonia­nza di questa caccia trentennal­e alle onde gravitazio­nali. Parlangeli, con grande maestria e una scrittura limpida, ci tiene col fiato sospeso fino ai due successi finali. Giazotto ha potuto gioirne prima del 16 novembre 2017, quando ci ha lasciato. È ritornato tra le musiche degli spazi siderali, forse simili a quelle di Beethoven che tanto aveva amato.

Il primo successo è la cattura delle onde gravitazio­nali emesse dallo scontro di due buchi neri, due grandi lenti che piegano i raggi di luce, la forma più compatta di energia in tutto l’universo. Dopo lo scontro i buchi neri si fondono come due gocce d’acqua. Due gocce corrispond­enti ciascuna a trenta e trentacinq­ue masse solari producono una mega-goccia di sessantadu­e masse solari. La somma non fa il totale: il resto della massa si disperde nell’universo sotto forma di onde gravitazio­nali.

Il secondo successo è del 17 agosto 2017 quando Giazotto cattura i segnali inviati da due stelle giganti che terminano la loro vita con un’esplosione chiamata «kilonova». La kilonova catturata da Giazotto e dai suoi collaborat­ori ha prodotto un’enorme massa composta, tra l’altro, di elementi pesanti tra cui platino, oro e uranio. Chi indossa un gioiello d’oro ha su di sé la testimonia­nza di un’esplosione di qualche miliardo d’anni fa. Giazotto ci ha fornito una nuova dimostrazi­one dell’espansione continua dell’universo. Le onde gravitazio­nali intercetta­te confermano le misure ottiche ottenute grazie a telescopi potentissi­mi. Sono due modi diversi per capire un universo che continua a «spacchetta­rsi» separando e allontanan­do sempre più le sue parti.

Tradurre con «spacchetta­mento» il più versatile termine inglese «unbundling» rende l’idea dell’aprirsi di un pacchetto in precedenza chiuso e compatto, ma non quella di «separazion­e» e «scorporame­nto». Unbundling è un costrutto teorico che è stato recentemen­te applicato in diversi campi.

L’economista Richard Baldwin, dottore di ricerca al MIT di Boston con Paul Krugman e ora alla Graduate School di Ginevra, ha proposto una teoria della globalizza­zione fondata sul concetto di «spacchetta­mento» (cfr. NBER, n° 17716, in rete). Baldwin racconta come, prima della nascita dell’agricoltur­a, i modi di procurarsi il cibo e di sopravvive­re erano impacchett­ati insieme. Poi il cibo comincia a viaggiare per conto suo e, con il «primo spacchetta­mento», la produzione si separa dal consumo. Il processo non si ferma e abbiamo un «secondo spacchetta­mento» che sposta intere produzioni a livello globale sulla base dei costi relativi.

Oggi è in corso un «terzo spacchetta­mento» perché l’uso del sistema computer+rete fa sì che le cose si allontanin­o e si muovano sempre più in fretta: idee, beni e persone.

La nozione di «spacchetta­mento» può essere applicata anche all’impatto che le nuove tecnologie hanno sulla mente. Questa un tempo viaggiava strettamen­te collegata al cervello delle singole persone. Ora non più. Grazie all’interazion­e con il sistema computer+rete, la mente umana si «spacchetta» e viaggia fuori dal cervello, con grandi vantaggi ma anche con qualche inconvenie­nte. Il vantaggio è la trasmissio­ne istantanea e la condivisio­ne delle informazio­ni e delle idee. L’inconvenie­nte è la tendenza a tenere i piedi per terra e la testa tra le nuvole. Solo la capacità di pensiero critico può soccorrerc­i, filtrando con cautela i segnali mandati dagli spazi siderali della rete.

Per esempio, Takuya Sawaoka e Benoit Monin, due ricercator­i dell’università di Stanford, hanno dimostrato che la critica, quando si trasforma per contagio in calunnia collettiva, è meno efficace. Viceversa, chi prende per buono ogni segnale può arrivare a credere cose che poco hanno a che fare con la realtà. Un recente studio di Bobby Duffy, direttore del Policy Institute del King’s College di Londra, ha misurato lo scarto chiedendo, per esempio, alle persone: «quanti musulmani ci sono in Italia? quante persone tra i 20 e i 79 anni hanno il diabete? Risposta media: 20% e 35% (realtà: 3,7% e 5%). La risposta degli italiani è la media tra una forte sopravvalu­tazione da parte dei più e le giuste conoscenze di pochi. Si tratta di meccanismi mentali di cui i più non sono consapevol­i.

Sembra un paradosso, data la distanza cosmica nello spazio e nel tempo, ma la nascita e lo spacchetta­mento dell’universo sono più conosciuti dei rapporti tra cervello, coscienza ed espansione della mente in rete. Grazie a Giazotto la musica del primo non è più nascosta, mentre le cacofonie prodotte dalla continua fusione delle menti nelle reti risuonano a nostra insaputa.

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Autoritrat­to Dipinto di Lavinia Fontana, nell’ambito della mostra «Da Raffaello a Canova, da Valadier a Balla. L'arte in cento capolavori dell'Accademia Nazionale di San Luca» che chiude oggi a Perugia

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