Venire al mondo in una tragica poesia
Torino. Incanta «The Great Tamer» di Papaioannou con 10 ottimi interpreti
Si potrebbe dire che il grande successo internazionale del regista-coreografo greco Dimitris Papaioannou sia dovuto alla bellezza visionaria delle sue opere, alla bravura degli interpreti, alla sua abilità nel trovare un magico equilibrio tra teatro, danza, immagine e suoni. Ma sarebbe ancora troppo poco per spiegare le sensazioni di meraviglia e di commozione che si provano dinanzi al suo teatro. C’è di più. C’è la capacità di costruire potenti affreschi sulla nostra complessa e dolente epoca, trovando sempre una geniale trasposizione simbolica per i grandi temi che riguardano l’esistenza, le paure dei nostri giorni, lo smarrimento epocale.
The Great Tamer, presentato nei giorni scorsi a Torino Danza, prende le mosse dal mito di Persefone per descrivere un mondo liminare, appoggiato su un sottile strato di compensato che lo separa da un misterioso aldilà, non necessariamente oscuro e terribile. I dieci bravissimi interpreti possono con disinvoltura sfondare questa membrana, attraversarla come la dea degli inferi, che dall’oltretomba si reca periodicamente sulla terra, attesa dalla mamma Demetra per contribuire al rifiorire della natura. Ma le spighe di grano che piovono copiose sulla scena sono anche minacciose frecce, a riprova del fatto che bene e male, vita e morte vanno a braccetto. Venire al mondo, per Papaioannou, è un atto poetico ma doloroso, bisogna spezzare corazze di gesso, risalire sepolcri di terra e pietre, sradicare letteralmente le proprie scarpe dal suolo, accettare l’infinito ciclo di morti e rinascite. E però, in questo complesso travaglio, scandito dal Danubio blu di Strauss, abbiamo il privilegio di incontrare astronauti di kubrickiana memoria, lezioni di anatomia alla Rembrandt, mentre il Cristo morto di Masaccio può rivivere tutte le volte che vuole a piacimento. Tra citazioni cinematografiche e pittoriche, illusionismi teatrali, che ci restituiscono con velata ironia un’umanità operosa, affannata, stupita, solidale, ci passano davanti corpi smembrati, avvinghiati, in lotta o in sintona con l’eterno divenire, fino al potente quadro finale nel quale uno scheletro si decompone davanti ai nostri occhi, mentre le luci si affievoliscono lasciando in primo piano una eloquente vanitas. L’ingegnoso utilizzo di materiali poveri, che diventano scenografia vivente nella relazione con gli interpreti, è un dichiarato omaggio a Kounellis e allo stesso tempo un manifesto di poetica, che contraddistingue tutto il lavoro di Papaioannou. Per familiarizzare col multiforme ingegno dell’artista greco, fino ad oggi si può visitare alle Officine Grandi Riparazioni di Torino l’installazione video Inside, una riflessione sul tempo e sulla varietà nella ripetizione: trenta attori, per sei ore consecutive, eseguono a turno piccoli gesti quotidiani.