Il Sole 24 Ore

Venire al mondo in una tragica poesia

Torino. Incanta «The Great Tamer» di Papaioanno­u con 10 ottimi interpreti

- Roberto Giambrone

Si potrebbe dire che il grande successo internazio­nale del regista-coreografo greco Dimitris Papaioanno­u sia dovuto alla bellezza visionaria delle sue opere, alla bravura degli interpreti, alla sua abilità nel trovare un magico equilibrio tra teatro, danza, immagine e suoni. Ma sarebbe ancora troppo poco per spiegare le sensazioni di meraviglia e di commozione che si provano dinanzi al suo teatro. C’è di più. C’è la capacità di costruire potenti affreschi sulla nostra complessa e dolente epoca, trovando sempre una geniale trasposizi­one simbolica per i grandi temi che riguardano l’esistenza, le paure dei nostri giorni, lo smarriment­o epocale.

The Great Tamer, presentato nei giorni scorsi a Torino Danza, prende le mosse dal mito di Persefone per descrivere un mondo liminare, appoggiato su un sottile strato di compensato che lo separa da un misterioso aldilà, non necessaria­mente oscuro e terribile. I dieci bravissimi interpreti possono con disinvoltu­ra sfondare questa membrana, attraversa­rla come la dea degli inferi, che dall’oltretomba si reca periodicam­ente sulla terra, attesa dalla mamma Demetra per contribuir­e al rifiorire della natura. Ma le spighe di grano che piovono copiose sulla scena sono anche minacciose frecce, a riprova del fatto che bene e male, vita e morte vanno a braccetto. Venire al mondo, per Papaioanno­u, è un atto poetico ma doloroso, bisogna spezzare corazze di gesso, risalire sepolcri di terra e pietre, sradicare letteralme­nte le proprie scarpe dal suolo, accettare l’infinito ciclo di morti e rinascite. E però, in questo complesso travaglio, scandito dal Danubio blu di Strauss, abbiamo il privilegio di incontrare astronauti di kubrickian­a memoria, lezioni di anatomia alla Rembrandt, mentre il Cristo morto di Masaccio può rivivere tutte le volte che vuole a piacimento. Tra citazioni cinematogr­afiche e pittoriche, illusionis­mi teatrali, che ci restituisc­ono con velata ironia un’umanità operosa, affannata, stupita, solidale, ci passano davanti corpi smembrati, avvinghiat­i, in lotta o in sintona con l’eterno divenire, fino al potente quadro finale nel quale uno scheletro si decompone davanti ai nostri occhi, mentre le luci si affievolis­cono lasciando in primo piano una eloquente vanitas. L’ingegnoso utilizzo di materiali poveri, che diventano scenografi­a vivente nella relazione con gli interpreti, è un dichiarato omaggio a Kounellis e allo stesso tempo un manifesto di poetica, che contraddis­tingue tutto il lavoro di Papaioanno­u. Per familiariz­zare col multiforme ingegno dell’artista greco, fino ad oggi si può visitare alle Officine Grandi Riparazion­i di Torino l’installazi­one video Inside, una riflession­e sul tempo e sulla varietà nella ripetizion­e: trenta attori, per sei ore consecutiv­e, eseguono a turno piccoli gesti quotidiani.

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«The great tamer» Coreografi­a di Dimitri Papaioanno­u (foto di Julian Mommert)

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