Il Sole 24 Ore

PERSI DENTRO DON CHISCIOTTE

- Roberto Escobar

«Il film c’è già tutto... L’ho immaginato tanto spesso», così diceva Terry Gilliam in Lost in La Mancha. E così su queste pagine iniziava la recensione del film che Keith Fulton e Louis Pepe avevano girato nel 2001 sulla (mancata) lavorazion­e di The Man Who Killed Don Quixote, che lo stesso Gilliam aveva dovuto abbandonar­e l’anno prima. Il film sembrava esserci già, nascosto da qualche parte nel mondo sconfinato del cinema. C’era l’idea. Cerano i luoghi. C’erano gli attori. Jean Rochefort sarebbe dovuto essere lo ingenioso hidalgo, il fantasioso nobiluomo di inizio Seicento. Mancava solo un po’ di pellicola impression­ata, tagliata, montata. Invece Jean Rochefort si ammalò, un nubifragio danneggiò i macchinari… Alla fine non se ne fece nulla.

Ora, ingenioso quanto il cavaliere di Miguel de Cervantes Saavedra, il regista settantott­enne torna in Spagna, alla ricerca di quanto aveva immaginato diciotto anni fa. Il titolo non è cambiato: L’uomo che uccise don Chisciotte (Spagna, Belgio, Francia, Portogallo e Gran Bretagna, 2018, 132’). È cambiato il “tempo”. Il presente di allora oggi è il passato. Per riprendere quello che Gilliam e il cosceneggi­atore Tony Grisoni fanno dire a un personaggi­o, nei nidi dell’anno passato possono o non possono nascere uccelli?

Affermato regista commercial­e, Toby (Adam Driver) è in Spagna per realizzare uno spot. Come nel 2000 è successo a Gilliam, anche ora le riprese si interrompo­no e Toby ne approfitta per ritrovare i luoghi e gli attori di un suo piccolo film, girato da quelle parti dieci anni fa. Si trattava di una storia ispirata al cavaliere dalla triste figura, proprio come il suo spot di oggi. Se ne era dimenticat­o, ma un misterioso Gitano (Óscar Jaenada) gli ha dato un altrettant­o misterioso dvd.

Dunque, un regista gira un film donchiscio­ttesco che si rifà a un suo vecchio quasi-film donchiscio­ttesco, e che racconta di un regista che gira un film pubblicita­rio donchiscio­ttesco che duplica un suo vecchio film donchiscio­ttesco… Il gioco di specchi è ingenioso e coinvolgen­te quanto le pale di un mulino spinte dal vento, e altrettant­o vorticante e pericoloso. Contro queste pale si getta lancia in resta il buon Toby. Inforcata una moto come fosse un Ronzinante, corre verso il villaggio dove ha girato il suo Don Chisciotte. Il nome del villaggio è Los Sueños…

Là tutto sembra rimasto uguale. Le strade, i volti, gli uomini e le donne. Eppure niente è uguale, in primo luogo i sogni. La gioia ha lasciato il posto al rancore. Angelica (Joana Ribeiro), la Dulcinea di allora, si fa mantenere da Alexei (Jordi Mollà), un russo mafioso e violento. Solo il vecchio calzolaio che aveva impersonat­o Don Chisciotte (Jonathan Pryce) è rimasto dentro la sua parte, sempre certo della missione.

È generosa, la regia di Gilliam, qua e là più che generosa. Ed è generosa l’idea che si mostra dietro le (troppe) immagini, i (troppi) dialoghi, le (troppe) avventure, le (troppe) sentenze definitive. Il cinema, ecco l’idea, è terreno per autori che abbiano il coraggio ingenioso di don Chisciotte e che non si arrendano né a Boss né a mafiosi. A noi pare che questo sia sempre stato Gilliam, un grande, immaginifi­co don Chisciotte. Ma questo suo film sarebbe dovuto restare nascosto da qualche parte nel mondo sconfinato della sua e nostra immaginazi­one. Averlo girato è stato un po’ come cercare di far nascere uccelli in un nido perso nel passato.

«l’uomo che uccise Don Chisciotte» di Terry Gilliam In primo piano, Jonathan Pryce (Javier “Don Chisciotte”), Adam Driver (Toby Grisoni)

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