Così lo studio tassa le plusvalenze per il rinnovo di mobili, pc e auto
Il ricavato della vendita e l’«autoconsumo» vanno confrontati con i costi d’acquisto
Pagina a cura di
Le entrate che un lavoratore autonomo realizza nell’attività esercitata non consistono esclusivamente nei compensi professionali. Capita di frequente che nel corso della vita lavorativa il professionista debba rinnovare i beni strumentali, oramai diventati inutilizzabili o obsoleti, come nel caso di computer, arredi dello studio, autovettura.
Il professionista può vendere questi beni o, come capita spesso, destinarli a esigenze personali, quindi ad un utilizzo al di fuori dell’attività professionale.
Questo si verifica, per fare un esempio, quando il computer in precedenza utilizzato per l’attività dello studio, viene regalato, e da quel momento utilizzato dal figlio.
Si realizza in questa ipotesi un’operazione cosiddetta di autoconsumo: il bene fino a quel momento utilizzato per le esigenze professionali viene messo a disposizione (ed utilizzato) dalla famiglia e nell’esempio, in particolare, dal figlio.
Il sorgere della plusvalenza
In tutte queste ipotesi, a seguito delle operazioni di cessione o di autoconsumo, il professionista realizza una componente di reddito positivo (plusvalenza) o negativo (minusvalenza), atipica, in quanto diversa dai compensi professionali, in grado di influenzare il calcolo del reddito professionale. Le plusvalenze sono componenti positive che incrementano il reddito professionale, al contrario le minusvalenze ne determinano la diminuzione.
Con una eccezione: gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione non danno mai luogo a plusvalenze o minusvalenze. Il costo sostenuto per il loro acquisto si considera spesa di rappresentanza (articolo 54, comma 5 del Tuir).
Le plusvalenze sono rilevanti ai fini della determinazione del reddito professionale a partire dal 4 luglio 2006, cioè da quando è stato aggiunto nell’articolo 54 del Tuir (Dpr 917/1986), il comma 1-bis. In precedenza le plusvalenze erano irrilevanti. L’agenzia delle Entrate ha chiarito che i beni mobili sono in grado di generare plusvalenze tassabili solo se acquistati dal professionista in epoca successiva all’entrata in vigore del Dl 223/2006 (dopo il 4 luglio 2006, appunto (risoluzione agenzia delle Entrate 310/E/2008).
Le plusvalenze dei beni strumentali (computer, attrezzature, mobili, arredi, autovetture, etc) si realizzano a seguito di cessione dietro pagamento di un prezzo, oppure a seguito del risarcimento, in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento. Ma come abbiamo visto le plusvalenze si realizzano anche a seguito delle operazioni di autoconsumo.
Le minusvalenze (componenti negativi) possono essere realizzate negli stessi casi, ma non nell’ipotesi i cui i beni fuoriescono dall’attività professionale per essere utilizzati dal professionista per finalità private o dalla famiglia.
Il calcolo
Le plusvalenze e le minusvalenze si determinano calcolando la differenza tra la somma incassata e il costo sostenuto al momento dell’acquisto, al netto delle quote di ammortamento. Se la differenza è positiva si realizza una plusvalenza, se è negativa si realizza una minusvalenza. In base a quanto chiarito dall’agenzia delle Entrate (circolare 28/E del 2006) se le plusvalenze o le minusvalenze derivano dalla vendita di beni strumentali il cui costo non è integralmente deducibile (ad esempio l’autovettura), le differenze (plusvalenze e minusvalenze) rilevano in proporzione all’ammortamento deducibile per il fisco che è inferiore rispetto a quello civilistico (calcolato sull’intero costo del bene).
Se invece manca un prezzo e l’operazione è di autoconsumo, si calcola la differenza tra il valore di mercato (valore normale) e il costo del bene non ammortizzato.
Le situazioni particolari
Un caso a sé è dato dalle plusvalenze realizzate con la cessione o autoconsumo degli immobili. In questo caso i periodi da considerare sono tre:
gli immobili acquistati prima del 1° gennaio 2007 non determinano in ogni caso plusvalenze, in quanto precedenti rispetto alla norma del Tuir che ne prevede la rilevanza;
gli immobili acquistati nel triennio 2007-2009, sono ammortizzabili e quindi in grado di determinare plusvalenze;
gli immobili acquistati dal 1° gennaio 2010, non sono in grado di determinare plusvalenze, anche perché non ammortizzabili. Ma in questo caso è possibile che la cessione dello studio dia luogo alla realizzazione di un reddito diverso (articolo 67, comma 1, lett. b) del Tuir).