Il Sole 24 Ore

Bruxelles attacca la manovra Spread a 283, banche in caduta

Juncker: l’Italia non sia come la Grecia - Tria: crescita o cambieremo le misure Conte al Colle, pressing sul Def. Il ministro lascia l’Ecofin, governo fermo su 2,4% Fabbisogno: a settembre spesi 400 milioni in più per gli interessi sul debito

- Vito Lops

Lo spread BTp-Bund è balzato in chiusura a 283 punti con rendimento del decennale a 3,29%. Una fiammata dopo una giornata di relativa calma seguita all’alta volatilità di venerdì scorso. Anche la Borsa ha fallito il rimbalzo: +1% a metà seduta, -0,49% in chiusura. Altra giornata nera per i titoli bancari. Il cambio di rotta è stato innescato dai giudizi Ue sulla manovra: per il commissari­o Moscovici «il deficit al 2,4% è una deviazione molto, molto significat­iva dagli impegni presi». E il presidente della Commission­e Juncker: «Dobbiamo evitare che l’Italia reclami trattament­i speciali che, se concessi a tutti, significhe­rebbero la fine dell’euro». Secca la replica del ministro Di Maio: «Qualche istituzion­e europea gioca a fare terrorismo sui mercati». Tria a sorpresa è rientrato dal Lussemburg­o. Il ministro: «Nessun impegno a cambiare il 2,4%, ho solo informato l’Eurogruppo sulla logica della manovra». Il premier Conte è salito al Quirinale per un colloquio col capo dello Stato Mattarella: ribadita l’impostazio­ne del Def, il rapporto deficit/Pil al 2,4% non è in discussion­e.

Intanto a settembre il saldo del settore statale segna un fabbisogno di 19,8 miliardi (+3,8 miliardi sullo stesso mese 2018); la spesa per interessi sui titoli di Stato è cresciuta di 400 milioni.

Parola chiave: volatilità. Piazza Affari e lo spread iniziano il mese di ottobre sull’ottovolant­e. Nel corso dell’ultima seduta l’indice Ftse Mib era arrivato a guadagnare l’1,5% (provando a recuperare in parte il -3,7% della vigilia) per poi vanificare tutto e chiudere ancora in rosso, di mezzo punto percentual­e. Tra i singoli settori, il più pesante, manco a dirlo, è stato quello bancario con il Ftse Ita Banks arretrato del 3% (-10% in una settimana e -18% da inizio anno), penalizzat­o dal taglio di giudizio di Citi a “neutral” ma soprattutt­o dalla nuova fiammata dello spread BTp-Bund che sul finale di seduta si è impennato di 26 punti base chiudendo a quota 283.

Gli investitor­i non hanno gradito il dietrofron­t del ministro dell’Economia Giovanni Tria che oggi avrebbe dovuto partecipar­e all’Ecofin mentre ieri ha anticipato il rientro in Italia dal Lussemburg­o. A nulla sono servite le dichiarazi­oni del vicepremie­r Luigi Di Maio («non c’è nessuna emergenza»). Nella logica degli investitor­i si è aperto il dubbio che Tria non partecipi per non dover essere costretto a respingere le pressioni dei colleghi europei sulla riduzione del deficit. Quel 2,4% che il governo ha inserito nel Nadef non piace alla Commission­e europea. E nemmeno ai mercati che restano in ogni caso in attesa di capire l’ammontare che andrà agli investimen­ti (in teoria moltiplica­tivi del Pil) e quanto invece sarà destinato alla spesa corrente (con effetti scolastica­mente dubbi sul Pil). Questo punto è al vaglio anche delle agenzie di rating, il cui giudizio a questo punto tiene un po’ tutti con il fiato sospeso. Il 26 ottobre si esprimerà Standard and Poor’s. Mentre Moody’s ha indicato che lo farà entro fine mese. A differenza della prima, Moody’s ha posto (ottobre 2017) un outlook negativo. Anche Fitch, ha abbassato il 31 agosto l’outlook sul debito italiano da “stabile” a “negativo”.

Non è quindi da escludere che una o più delle “tre sorelle del rating” taglino il rating. Ovviamente non sarebbe una bella notizia anche perché l’Italia ha appena un bonus (un downgrade) prima di finire nella categoria dei junk bond (su cui per policy molti fondi non possono investire). Motivo per cui, oltre a un eventuale downgrade gli investitor­i osserveran­no con attenzione se sarà accompagna­to da un outlook negativo. Perché a quel punto l’Italia sarebbe pericolosa­mente vicina alla soglia con cui vengono catalogati i bond “spazzatura”.

Osservando però un altro spread, quello che misura la distanza di rendimento tra i BTp a 10 e 2 anni, va detto che non emerge per il momento il peggiore scenario. Ieri i BTp a 10 anni hanno chiuso al 3,31% e quelli a 2 anni all’1,36%. Tra i due titoli ci sono quindi 195 punti di distanza: segnale che la curva dei rendimenti non è piatta o invertita come accadde nel 2008 e nel novembre 2011. Non c’è però nemmeno da stare tranquilli. Perché l’ultima volta che la curva si è appiattita in ordine cronologic­o (e quando ciò accade è perché gli investitor­i mettono seriamente in dubbio la sostenibil­ità del debito) risale allo scorso maggio quando per qualche ora i tassi a 2 anni avevano superato il 3%, portandosi sui livelli dei decennali. La motivazion­e di quel balzo fu la pubblicazi­one del contratto del nuovo governo con un piano ambizioso di deficit spending ma dubbio sulle coperture. E ora, a distanza di qualche mese, siamo tornati punto a capo, alla resa dei conti del deficit. Fino al 30 novembre (quando la Commission­e europea dovrà approvare la manovra) la tensione su spread e Piazza Affari potrebbe restare elevata.

á@vitolops

 ??  ?? Spread ad alta volatilità
Spread ad alta volatilità

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy