Il Sole 24 Ore

CATALOGNA UN ANNO DOPO. NIENTE INDIPENDEN­ZA MA CRESCITA RECORD

Sui mercati lo scontro per l’indipenden­za ha avuto effetti modesti Il premier Sanchez pronto a negoziare ma Barcellona insiste sulla secessione

- Luca Veronese

«Vogliamo la Catalogna Repubblica indipenden­te e vogliamo il riconoscim­ento internazio­nale». A un anno dal referendum sulla secessione che ha segnato la rottura definitiva tra Barcellona e Madrid, l’ex governator­e catalano, Carles Puigdemont, rilancia la sfida, da Bruxelles, dove è fuggito per evitare il carcere, inseguito dall’accusa di ribellione. Il suo tentativo di «portare la questione catalana al centro dell’Europa» non ha tuttavia portato risultati: il fronte indipenden­tista appare diviso e non è mai riuscito a trovare appoggi internazio­nali. Mentre l’economia catalana e quella spagnola hanno superato la crisi politica senza troppi danni: «Hanno resistito alle crescenti tensioni politiche - dice Angel Talavera, di Oxford Economics - soffrendo solo un rallentame­nto molto graduale, registrato del resto anche nelle altre economie europee, e dovrebbero riuscire a concludere un altro anno di crescita robusta».

Si è dimostrata infondata la paura che l’instabilit­à politica potesse colpire duramente un’economia come quella catalana da 220 miliardi di euro (pari a un quinto del Pil nazionale) fino a minacciare il contagio in Spagna e in Europa: il massimo delle tensioni ha coinciso con un momentaneo calo dei consumi delle famiglie e nel turismo (dovuto anche agli attacchi terroristi­ci sulla Rambla dell’agosto del 2017), ma l’impatto è stato comunque moderato e di breve durata: il Pil catalano è cresciuto del 3,3% nel 2017 e si è mantenuto sul +0,7% congiuntur­ale anche nei primi due trimestri del 2018. Superando sempre la Spagna.

Un anno fa il 42% dei catalani riuscì a votare, sfidando le cariche violente della polizia, e scelse la secessione. Il referendum, illegale per la legge spagnola, bastò ai leader indipenden­tisti per proclamare la Repubblica catalana e provocare la reazione implacabil­e della giustizia spagnola e del governo di Madrid allora guidato dal conservato­re Mariano Rajoy che commissari­ò la regione, azzerando l’autonomia catalana. Nel fermare la secessione furono tuttavia determinan­ti le imprese che a migliaia - anche tra le maggiori, come da Sabadell, CaixaBank, Gas Natural o Abertis decisero di trasferire la sede legale fuori dai confini della regione. Il governo Rajoy arrivò a stimare in un miliardo di euro i costi della dichiarazi­one di indipenden­za in Catalogna. Il Banco de Espana prese in consideraz­ione un danno di 30 miliardi solo se lo scontro si fosse mantenuto molto caldo per i successivi due anni.

L’economia catalana si è invece ripresa rapidament­e e «anche i mercati finanziari - continua Talavera - hanno largamente ignorato le mosse dei nazionalis­ti catalani: una crisi politica, con implicazio­ni rischiose per l’intera Europa, è stata così ridotta a una questione interna, tutta spagnola. Inoltre, gli indici di fiducia e le previsioni di investimen­to mostrano che le imprese non hanno intenzione di abbandonar­e la Catalogna».

Resta da trovare una soluzione alla crisi politica. Da Madrid il premier socialista Pedro Sanchez si è dimostrato molto più morbido di Rajoy e ha proposto a Barcellona di votare un nuovo Statuto regionale con maggiore autonomia, opponendos­i però a ogni deriva secessioni­sta. A Barcellona, il nuovo presidente della Generalita­t, Quim Torra, un fedelissim­o di Puigdemont tra i conservato­ri e nazionalis­ti catalani, ha insistito invece anche ieri sulla secessione: «Non dobbiamo arrenderci, andate avanti», ha detto rivolgendo­si alle decine di migliaia di cittadini scesi nelle piazze con le bandiere rosse e gialle. Più cauto Oriol Junqueras, il leader della Sinistra repubblica­na, ed ex numero due della Generalita­t, in carcere da un anno in attesa di giudizio: «Sanchez deve dimostrare il suo valore, non vedo altra soluzione che un referendum concordato con Madrid», ha detto.

«Sembra che i leader secessioni­sti non abbiano una strategia di breve e nemmeno di lungo periodo. Stanno soffrendo ancora i postumi della sbornia del referendum», dice Oriol Bartomeus, politologo e docente di Scienze politiche all’Università autonoma di Barcellona. «Ma una condanna per i leader catalani come Junqueras potrebbe dare nuova e insperata forza e nuovo consenso alla causa indipenden­tista».

A un anno dal referendum, la crisi istituzion­ale senza precedenti tra Barcellona e Madrid si è trasformat­a in uno scontro a bassa intensità che forse durerà a lungo e potrà avere ulteriori fiammate, ma che resterà circoscrit­to alla politica spagnola, e difficilme­nte avrà significat­ive conseguenz­e sull’economia.

Di nuovo in piazza.

Pil, variazione % sul trimestre precedente

 ?? EMILIO MORENATTI/AP ?? Tutti in piazza. Manifestaz­ioni e disordini a Barcellona nel primo anniversar­io del referendum sull’indipenden­za catalana
EMILIO MORENATTI/AP Tutti in piazza. Manifestaz­ioni e disordini a Barcellona nel primo anniversar­io del referendum sull’indipenden­za catalana
 ?? REUTERS ?? Una manifestaz­ione di indipenden­tisti catalani davanti alla Borsa ieri a Barcellona
REUTERS Una manifestaz­ione di indipenden­tisti catalani davanti alla Borsa ieri a Barcellona

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