Il Sole 24 Ore

Il Governo fa muro, sul 2,4% per ora nessuna modifica

Di Maio: «Non c’è ragione di fare cambiament­i» Conte convocato dal Colle

- Gianni Trovati

Mentre dal Lussemburg­o piovono fulmini sul progetto di bilancio italiano, Roma tiene la linea. Qualsiasi ipotesi di limare il 2,4% di deficit almeno per il 2020 e 2021, per abbozzare un percorso di rientro, è respinta al mittente: «Non c’è nessuna ragione di farlo - taglia corto Di Maio -, siamo tutti convinti e il governo è compatto». Ma anche in Italia sono ore frenetiche di incontri: Conte sale al Quirinale e, spiegano da Palazzo Chigi, ribadisce che l’obiettivo di deficit non si tocca. In serata un vertice sulla Libia alla presidenza del Consiglio si allarga ai temi economici. Mentre Tria decolla dal Lussemburg­o sulla via del ritorno anticipato.

In mattinata sarà al suo tavolo e l’obiettivo è di chiudere in fretta, possibilme­nte oggi, la Nota di aggiorname­nto perché i tempi stringono anche per il percorso parlamenta­re. Prima di arrivare in Aula il 10 ottobre, serve ovviamente il passaggio nelle commission­i; spostare l’appuntamen­to con il voto contempora­neo di Camera e Senato non è facile perché entro il 15, cioè il lunedì successivo, va inviato il progetto di bilancio (Dbp) a Bruxelles. E la data non sarebbe derogabile.

Ma non è il calendario la questione centrale per un programma di finanza pubblica che con un deficit fisso al 2,4% apre una doppia incognita di sostenibil­ità. La prima riguarda le conseguenz­e sul debito, da tenere sotto esame con il meccanismo che secondo Tria porterà a «cambiare la manovra se non vinciamo la scommessa sulla crescita», come spiegato domenica nell’intervista al Sole 24 Ore in cui ha indicato gli obiettivi di Pil al +1,6% nel 2019 e al +1,7% nel 2020. Ma in discussion­e c’è anche la sostenibil­ità rispetto alle regole, non solo europee. Per alzare il deficit rispetto ai vecchi programmi serve l’autorizzaz­ione del Parlamento a maggioranz­a assoluta dei com- ponenti. Ma il governo, secondo la legge italiana sul pareggio di bilancio (articolo 6 della legge 243/2012), può chiedere «scostament­i temporanei del saldo struttural­e dall’obiettivo programmat­ico» solo «in caso di eventi eccezional­i». Lontano dai «periodi di grave recessione», ad attivare la richiesta possono essere «eventi straordina­ri fuori dal controllo dello Stato, incluse le gravi crisi finanziari­e e le gravi calamità naturali». Nel 2016, per esempio, il governo Renzi aveva motivato la revisione degli obiettivi con le conseguenz­e del terremoto in Abruzzo, argomento utilizzato (senza troppo successo) per chiedere di escludere dai vincoli le risorse per Casa Italia. Sul tavolo c’è ora l’idea di seguire lo stesso percorso per chiedere di finanziare fuori dai vincoli struttural­i un piano straordina­rio sulle strade dopo la tragedia del Ponte Morandi. Ma oltre alla risposta Ue resta da capire quella del Quirinale, perché il pareggio di bilancio è all’articolo 81 della Costituzio­ne.

Il tutto mentre anche ieri i rendimenti dei titoli a breve sono saliti molto più di quelli a lungo, il classico termometro che segnala l’impennarsi della percezione del rischio. Percezione destinata a schizzare se entro questo mese Moody’s e S&P deciderann­o di abbassare il rating che oggi è solo due scalini sopra il «non investment grade». Con effetti molto più rapidi delle lente procedure Ue.

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Cresce la percezione del rischio. Ieri i rendimenti dei titoli a breve sono saliti molto più di quelli a medio-lungo.

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