Il Sole 24 Ore

Tesla, il leader ora è preda: a chi fa gola il tesoro di Musk

Titolo in rally dopo l’accordo tra il ceo e la Sec e su voci di target produttivi centrati

- Dal nostro inviato Mario Cianflone PARIGI

Per Tesla dopo il terremoto Musk, culminato sabato nell’addio alla poltrona di presidente dopo le accuse della Sec, si apre il periodo più difficile della sua storia. E la prima domanda che sorge (e che domina i discorsi tra gli addetti ai lavori dell’automotive riuniti a Parigi per il salone che apre i battenti oggi) è: «Cosa succederà alla casa automobili­stica california­na regina delle elettriche di lusso?».

In primo luogo occorre fare un passo indietro e capire che cosa è successo e com’è mutato lo scenario competitiv­o negli ultimi mesi. Fintanto che l’azienda era focalizzat­a sulla nicchia delle berline di alta gamma elettriche a lunga autonomia, la famosa Model S e, dopo sul suv Model X, le cose andavano relativame­nte bene. Intendiamo­ci, i conti erano sempre in profondo rosso, ma la capitalizz­azione cresceva e più di un dispiacere veniva inferto dal “divino Elon” a Mercedes e Bmw. Poi è arrivato il primo intoppo: la Model 3. Il modello compatto (o quasi) che aveva il compito di trasformar­e le dimensioni produttive di Tesla. Le carte in regola c’erano: lunga autonomia e marchio super cool. Peccato che nonostante i 400mila ordini (di cui circa 100mila poi ritirati) Tesla ed Elon Musk siano stati, come si dice in inglese, “over promising”: Tesla non è mai stata in grado di arrivare a 5mila unità a settimana e a due anni dal reveal solo adesso è iniziata la produzione per l’Europa, con tempi così lunghi che potrebbero essere quelli necessari a proporre un restyling. E dunque nonostante la favola della “Tesla del popolo” (macchina comunque da 50 mila euro) la Model 3 ha drenato risorse economiche e industrial­i ingenti. Poi gli altri scivoloni, come la guida autonoma (dove l’eccesso di storytelli­ng, un vizio di Elon, ha portato anche a gravi incidenti).

Con il valore di Tesla sull’ottovolant­e (ieri il titolo, spinto dal chiariment­o della posizione del fondatore e da indiscrezi­oni sul fatto che finalmente nel terzo trimestre sarebbero stati raggiunti i target di produzione per la Model 3, è balzato sopra i 300 dollari, ai livelli di agosto, prima del famoso tweet peregrino di Musk sul delisting che gli è costato la sanzione della Sec da 40 milioni di dollari) l’ipotesi che possa diventare una preda di altri gruppi non è assolutame­nte fuori dalla realtà.

Quali gruppi? Difficilme­nte un tedesco, visto che il colosso Vw è “superimpeg­nato” nell’auto elettrica con tutti i suoi marchi, a partire da Porsche e Audi a fare da frontiera dell'innovazion­e, e Daimler ha creato un brand ad hoc. Lo stesso discorso vale per Bmw che sul fronte delle auto “alla spina” è partita prima ma ora è un filo indietro, pur avendo grandi tecnologie innovative come i telai in carbonio. Tesla, quindi, potrebbe piacere ai cinesi, magari a Geely, che però è già primo azionista di Daimler. Fca, che punta all’elettrific­azione potrebbe anch’essa offrire know how e fabbriche per produrre auto in grandi volumi, cosa che Tesla non ha ancora dimostrato appieno di essere in grado di fare.

Ford sull’elettrico è indietro ma ha capacità produttive da offrire a una Tesla in affanno, GM idem ma con più tecnologie e piattaform­e elettriche di nuova generazion­e. Infine i giapponesi e i coreani. L’alleanza Renault Nissan, che sulle auto a batteria ha piazzato più di un asso, a iniziare dalla Leaf, l’elettrica più venduta del mondo, potrebbe aver qualche interesse.

Toyota leader nell’ibrido non crede all’elettrico puro a ioni di litio ma alle fuel cell. Tuttavia potrebbe anche cambiare prospettiv­a. Infine Hyundai, che secondo rumors insistenti da tempo punterebbe su Fca per fame di brand dall'elevata immagine, potrebbe soccorrere Tesla. Poi un’ipotesi da fantafinan­za: Tesla, portabandi­era dell'hi-tech california­no, potrebbe essere “aiutata” dalla Silicon Valley. Apple, per dire, dorme su una montagna di denaro. Oltre 250 miliardi di dollari e pare improbabil­e che possa campare a lungo solo di telefonini.

Va detto che il brand Tesla ha un potenziale enorme, ma la casa non dispone di uniche, magiche e speciali realtà tecnologic­he. E poi un punto chiave: per Tesla è cambiato lo scenario competitiv­o. Nella partita sono entrati i big tedeschi del luxury premium: Audi con e-tron, Porsche con Taycan e Mercedes con Eqc. Jaguar ha anticipato tutti con la i-pace. Ed è solo l’inizio perché ne arriverann­o altre, non solo di lusso ma anche più “popolari”, come la gamma di elettriche di Volkswagen battezzata I.D.

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