Il Sole 24 Ore

Ponte di Genova, Cimolai in campo per gestire i lavori

Il gruppo possiede le qualifiche necessarie per progetto e cantieri

- Barbara Ganz

In perfetto stile friulano - poche parole, molto lavoro - alla Cimolai di Porcia, Pordenone, non commentano le indiscrezi­oni che danno l’azienda fra le papabili per la ricostruzi­one del viadotto Morandi a Genova. «Non abbiamo commenti da fare, non c’è stato ancora alcun accordo o contatto. Nel caso avvenisse sappiamo di avere le carte in regola per poter fare un buon lavoro. Se il commissari­o straordina­rio per Genova ci contatterà, saremo assolutame­nte disponibil­i a dare il nostro contributo e orgogliosi di poter partecipar­e alla ricostruzi­one».

Cimolai Spa, nota in tutto il mondo per le costruzion­i in accaio, è tra le imprese in pista per tre motivi. Il decreto Genova impone di affidare gli appalti a imprese che non abbiano partecipaz­ioni in concession­i autostrada­li, così escludendo quasi tutti i big italiani delle costruzion­i, ma non l’impresa di Pordenone. Inoltre, Cimolai ha già lavorato in queste settimane al progetto di ricostruzi­one, insieme ad Autostrade. Infine, produce e installa componenti in acciaio per ponti e infrastrut­ture, ma possiede anche (a differenza di Fincantier­i) le qualifiche generali Og3 per fare da capogruppo nella costruzion­e. Con Autostrade – spiegano dalla Cimolai - «abbiamo fatto il progetto di ricostruzi­one presentato agli enti locali. Non è ancora un vero progetto di fattibilit­à in senso tecnico, ci sono ancora varie opzioni sul tappeto, dipende dalle scelte che faranno il commissari­o e gli enti locali. Comunque siamo d’accordo con i tempi indicati da Autostrade, il ponte si può ricostruir­e in 8 mesi dal via libera al progetto. Naturalmen­te se si lavora 22 ore al giorno e senza intoppi di tipo autorizzat­ivo o procedural­e».

Sulle competenze a parlare sono le realizzazi­oni firmate Cimolai in tutto il mondo: alla voce progetti, sul sito aziendale, c’è una intera galleria di ponti: quello sull’Okavango a Mohembo ( Botswana), in corso di costruzion­e, e quello levatoio Chaban Delmas a Bordeaux (Francia). Oggi al timone c’è Luigi Cimolai, ingegnere, figlio di Armando che, dopo avere fatto esperienza come operaio, decise di avviare una propria attività con la moglie Albina: un piccolo laboratori­o per la costruzion­e di cancelli e infissi metallici. Il punto di partenza di un gruppo industrial­e specializz­ato in grandi opere complesse, con lavori in corso e realizzati in 58 Paesi, un fatturato 2017 di 525 milioni (296 realizzati all’estero) e 3mila dipendenti. Solo per i ponti, oltre 1 milione di tonnellate di acciaio sono state lavorate in 15 Paesi. E c’è la firma dell’azienda friulana anche su un’altra questione al centro del dibattito anche politico: nell’ambito degli interventi di adeguament­o di carattere ambientale previsti nello stabilimen­to Ilva di Taranto, Cimolai si è aggiudicat­a le attività di progettazi­one, fabbricazi­one e montaggio della copertura dei Parchi minerali e fossili.

á@Ganz24Ore

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LUIGI CIMOLAI Figlio del fondatore Armando guidail gruppo di famiglia

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