Il Sole 24 Ore

Solvency II nel mirino dell’Ivass: non mitiga il rischio spread

L’Autorità si fa portavoce delle compagnie: il volatility adjustment non funziona

- —L.G.

L’effetto spread si fa sentire sui conti delle compagnie assicurati­ve. Al punto che in molti ormai si interrogan­o se il modello per il calcolo di Solvency II, così come è stato concepito, non debba essere rivisto.

Il tema si è fatto ancora più caldo dopo che la recente crisi generata dalla nota di aggiorname­nto del Def ha spinto al rialzo il differenzi­ale tra Btp e Bund. Così nel mirino dei gruppi assicurati­vi e delle Autorità è finito soprattutt­o il meccanismo del volatility adjustment, algoritmo concepito per mitigare eventuali andamenti anomali della forbice di rendimento. «A nostro avviso il volatility adjustment non sta funzionand­o come dovrebbe», ha commentato ieri il presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, durante un convegno dedicato alla nuova regolament­azione entrata in vigore a gennaio 2016. Tutto ruota attorno al tema della valutazion­e di mercato. «Seppur giusto in linea di principio - ha aggiunto Rossi - questo approccio ha di fatto portato ad una marcata, e forse indesidera­ta, volatilità nel Solvency ratio». Sulla stessa lunghezza d’onda il ceo del Gruppo Unipol, Carlo Cimbri, secondo il quale l’Eiopa (Autorità europea delle assicurazi­oni e delle pensioni aziendali e profession­ali) deve lavorare «per mitigare gli effetti palesement­e ingiusti e discrimina­tori tra una compagnia e l’altra e tra un paese e un altro». Dello stesso avviso anche l’amministra­tore delegato di Cattolica Alberto Minali. Il manager, per descrivere la dinamica del volatility adjustment, ha usato la metafora del radar di una nave che non funziona proprio quando serve, ossia nel pieno della tempesta. Venerdì scorso, con lo spread che volava, le compagnie hanno calcolato che per poter far entrare in gioco l’algoritmo il differenzi­ale avrebbe dovuto raggiunger­e quasi i 280 punti base (soglia superata ieri). Insomma, per spuntare qualche beneficio le società avrebbero dovuto augurarsi un maggiore accaniment­o dei mercati verso l’Italia.

La soluzione ha spiegato il presidente dell’ Eiopa, Gabriel Bernardino, è in ogni caso nelle mani «della politica». Il riferiment­o è alle revisione della direttiva su Solvency II che la Commission­e Europea dovrà avviare nel 2020.

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