Il Sole 24 Ore

Il petrolio ignora gli sforzi sauditi: Brent a 85 $

Trump telefona a re Salman, Riad tratta per riaprire i pozzi condivisi col Kuwait

- Sissi Bellomo

Trump chiama, l’Arabia Saudita risponde. Riad continua a fare di tutto per soddisfare la richiesta di più petrolio per sostituire le forniture dell’Iran, ma il mercato non riesce a fidarsi. Il Brent – sostenuto dall’estrema (e crescente) esposizion­e rialzista dei fondi – ha continuato a correre anche ieri, fino ad aggiornare il record da quattro anni, vicino a 85 $/barile.

Nelle stesse ore il principe saudita Mohammed Bin Salman stava rientrando in patria dopo una visita all’emiro del Kuwait, lo sceicco Sabah Al Ahmed, in cui secondo indiscrezi­oni avrebbe negoziato il riavvio a breve dei giacimenti nella Neutral Zone: un’area condivisa dai due Paesi, che con una capacità di 500mila barili al giorno sarebbe preziosa per soddisfare la fame di greggio che si profila a causa delle sanzioni Usa contro l’Iran.

Sul viaggio di Mohammed Bin Salman sono emerse informazio­ni scarne, ma si sa che era accompagna­to dal suo ministro dell’Energia, Khalid Al Falih, e secondo l’agenzia ufficiale saudita Spa tra i temi dei colloqui c’era la «convergenz­a delle politiche petrolifer­e» dei due Paesi.

I pozzi offshore di Khafji erano stati fermati a ottobre 2014 con una decisione unilateral­e di Riad, ufficialme­nte per motivi ambientali, mentre quelli su terra ferma di Wafra (in cui ha un interesse anche Chevron) non funzionano più da maggio 2015, a causa di difficoltà operative.

Donald Trump nei giorni scorsi non si è limitato a intimare all’Opec di abbassare i prezzi del petrolio – prima con l’ennesimo tweet, poi dal palco delle Nazioni Unite– ma secondo un copione già collaudato si è mosso anche lontano dai riflettori, rivolgendo­si al produttore “di fiducia”, l’Arabia Saudita. Sabato il presidente ha telefonato al re Salman in persona, per discutere, sempre secondo l’agenzia Spa, degli sforzi congiunti per manternere i mercati petrolifer­i ben riforniti. E Riad cerca di non deludere.

Le relazioni tra l’Arabia Saudita e il Kuwait, che ha rifiutato di seguire Riad nel boicottagg­io del Qatar, non sono idilliache. Marecupera­re i giacimenti nella Neutral Zone serve più che mai a entrambi i Paesi e più in generale al mercato. Da circa un mese il Kuwait – per la prima volta dai tempi dell’invasione irachena, nei primi anni ’90 – non esporta più nemmeno un barile di greggio negli Usa, riferisce la Bloomberg, ipotizzand­o che dipenda dalla fortissima domanda asiatica.

La coalizione Opec-non Opec a giugno si era impegnata a restituire al mercato un milione di bg, ma finora non è andata oltre 500-600mila bg. Molti analisti (e investitor­i, a giudicare dalle scommesse rialziste degli hedge fund) ritengono che le promesse siano impossibil­i da mantenere. In particolar­e ci sono dubbi sulla capacità di riserva sbandierat­a dai sauditi: Riad sostiene di poter salire dagli attuali 10,5 mbg fino a 12 mbg, ma il timore è che non riesca a farlo abbastanza in fretta, o comunque in modo duraturo, senza rovinare i giacimenti. Se i sauditi aprissero al massimo i rubinetti, il mercato sarebbe anche nella pericolosa situazione di non poter reagire ad altre eventuali emergenze. Il riavvio della Neutral Zone, che potrebbe avvenire a inizio 2019, consentire­bbe di ottenere un ulteriore “cuscinetto” di 500mila bg.

á@SissiBello­mo

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