Altro tonfo dopo il concordato Paul Hastings in campo sui bond
Non si placa la bufera di Borsa su Astaldi dopo l’annuncio “shock” del concordato in bianco. In due sole sedute, il titolo ha bruciato metà del suo valore: quotava 1,13 euro giovedì, poi venerdì mattina all’annuncio della richiesta di protezione al Tribunale, il primo crollo. Ieri alla riapertura dopo il fine settimana, ancora un altro tonfo: -28%, col titolo che non è riuscito mai a fare prezzo per tutto il giorno. Colpa anche della bocciatura di Fitch che ha abbassato il rating a singola “C”, a un solo gradino dal default. In realtà la mossa di Fitch è solo un automatismo che riflette la scelta del concordato: la procedura è un modo per evitare il dissesto e dunque il rating riflette banalmente la situazione attuale, ma non le prospettive. Perché un concordato serve a congelare i creditori in attesa di trovare una soluzione per il debitore. Per limitare i danni, e soprattutto la speculazione, ieri Borsa Italiana ha proibito da oggi, e fino a nuova decisione, l’immissione di ordini senza limite di prezzo sulle azioni Astaldi.
In attesa che il big delle costruzioni in difficoltà nomini il perito e depositi la relazione in Tribunale, i creditori, che dovranno
Andamento del titolo a Milano votare un piano di rientro proposto dall’azienda, si stanno organizzando. Ieri a Londra lo studio legale Paul Hastings ha convocato una riunione telefonica con gli obbligazionisti. L’avvocato Bruno Cova, il responsabile della sede italiana, si candida a capofila per rappresentare gli obbligazionisti: il bond 2020 risulta per lo più in mano a compagnie assicurative e investitori istituzionali. La prima questione sul tappeto è capire se Astaldi pagherà o meno la cedola del bond, in scadenza il 3 dicembre: il titolo quando fu collocato nel 2013 era già un High-Yield che pagava un dividendo del 7%.
Un’altra novità potrebbe venire dalla tempistica: secondo quanto emerso dall’incontro di Londra, si andrebbe verso i 180 giorni per la durata del concordato. Dunque altri 60 giorni in più rispetto ai 120 inizialmente stimati, il massimo previsto dalla legge.