Il Sole 24 Ore

Disoccupat­i sotto il 10%, ma più inattivi

Nel 2008-2018 scendono i lavoratori giovani e full time, crescono gli immigrati

- Claudio Tucci

Ad agosto l’Istat ha registrato 69mila occupati in più sul mese, +312mila sull’anno, con il tasso di occupazion­e che ha raggiunto il livello più alto (dall’inizio delle serie storiche, 1977), pari al 59 per cento.

In piena estate sono tornati a salire i rapporti a tempo indetermin­ato, anche per effetto delle stabilizza­zioni di contratti a tempo di durata più lunga per sfuggire alla stretta (il ritorno delle causali dopo i primi 12 mesi “liberi”) introdotta, dallo scorso 14 luglio, con il decreto Conte. Hanno ripreso a crescere in modo consistent­e, anche, i rapporti temporanei, complice l’ondata di rinnovi per beneficiar­e del regime transitori­o (vecchie regole Jobs act); possibilit­à che il Legislator­e ha offerto agli operatori fino al prossimo 31 ottobre.

Il tasso di disoccupaz­ione, ad agosto, è sceso sotto la soglia “psicologic­a” del 10%, siamo al 9,7%, ai minimi da gennaio 2012 (ma distanti dall’8,1% dell’area Euro). La discesa dei disoccupat­i (oggi ci sono 2,5 milioni di persone senza un impiego) va letta anche alla luce della crescita degli inattivi, tra cui sono conteggiat­i gli “scoraggiat­i, sul mese incrementa­ti di ben 46mila unità. Per i giovani, la situazione resta difficile: il tasso di disoccupaz­ione è risalito al 31% (+0,2 punti sul mese - ma meno 3,5 punti sull’anno); restiamo, tuttavia, distantiss­imi dai primi della classe in Ue, vale a dire la Germania, in calo al 6,2 per cento (peggio dell’Italia, solo Grecia, 39,1% - ultimo dato disponibil­e, giugno 2018, e Spagna, 33,6 per cento).

La fotografia scattata ieri dall’Istat ha confermato un mercato del lavoro in chiaro-scuro; e che, peraltro, anche alla luce delle recenti dinamiche socio-demografic­he ed economiche, è radicalmen­te cambiato, se, entrando nel dettaglio, si guardano i dati nell’arco degli ultimi dieci anni. Dal 2008 a oggi (media dei primi due trimestri 2018) l’occupazion­e giovanile (15-34 anni) è crollata: -1.840.500 posizioni, a dispetto di incentivi, più o meno parziali, e annunci ad hoc, dei vari esecutivi. I lavoratori immigrati, sempre nello stesso periodo temporale, sono invece aumentati di 733mila unità, rappresent­ando una componente del tessuto produttivo italiano.

Quello che colpisce è, pure, la composizio­ne della forza lavoro: in 10 anni si sono persi qualcosa come 945.500 occupati full time, mentre sono saliti di 968mila unità i lavoratori in part-time (molto involontar­io), a testimonia­nza di come, per far fronte alla crisi, le imprese hanno ridotto gli orari di lavoro (più che licenziato). Ciò, in buona parte, aiuta a comprender­e la perdurante stagnazion­e (invero, ultra decennale) della nostra produttivi­tà, il freno a investimen­ti e crescita, “zavorrati” da un costo del lavoro che pesa sulle aziende, da sempre al top nel confronto internazio­nale.

Il punto, ed è molto delicato, è che, finiti gli sgravi generalizz­ati, i dipendenti permanenti sono in caduta: negli ultimi 12 mesi sono scesi di 49mila unità (ieri il ministro Luigi Di Maio ha annunciato, in legge di Bilancio, incentivi ad hoc sulle assunzioni a tempo indetermin­ato - senza però aggiungere dettagli). I dipendenti a termine, all’opposto, hanno raggiunto il picco, 3.143.000 persone.

Per il capo economista di Confindust­ria, Andrea Montanino, l’aumento del tasso di occupazion­e al 59%, ad agosto, «ci avvicina alla Ue. Il lavoro a termine rimane nella media europea e, in questi anni, ha sostituito quote di lavoro indipenden­te».

Certo, l’aumento, più forte, dei contratti a termine ad agosto è legato essenzialm­ente «all’utilizzo massiccio da parte imprese delle vecchie regole favorito dal regime transitori­o introdotto nel decreto dignità, specie per i rinnovi», ha sottolinea­to, il professor Arturo Maresca («La Sapienza», Roma).

Tra le aziende regna l’incertezza. «E da novembre la situazione rischia di peggiorare - ha aggiunto l’economista Marco Leonardi (Statale di Milano) - per il duplice disincenti­vo sui contratti a termine e sul tempo indetermin­ato, dopo la sentenza della Consulta sugli indennizzi. Serve una manovra coraggiosa che punti su imprese e crescita, se non si vuole bloccare di nuovo il mercato del lavoro».

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