Il Sole 24 Ore

Condominio, amministra­tori a responsabi­lità limitata

Senza delibera sono poche le omissioni che generano conseguenz­e penali e civili

- Antonio Scarpa

Pochi i casi nei quali, in assenza di una delibera, c’è responsabi­lità civile o penale dell’amministra­tore

L’articolo 1130 del Codice civile affida, tra l’altro, all’amministra­tore il compito di erogare le spese occorrenti per la manutenzio­ne ordinaria e di compiere gli atti conservati­vi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

Per quanto, in particolar­e, l’obbligo di eseguire gli atti conservati­vi voglia interpreta­rsi estensivam­ente, esso non può mai arrivare a comprender­e le opere di manutenzio­ne straordina­ria, essendo queste espressame­nte e tassativam­ente affidate, per contro, all’assemblea dall’articolo 1135, comma 1, n. 4 del Codice civile.

L’amministra­tore ha, poi, il “potere”, e non il “dovere”, di ordinare lavori di manutenzio­ne straordina­ria aventi carattere di urgenza (articolo 1135, comma 2 del Codice civile). Trattandos­i di una facoltà, egli non può incorrere in alcuna responsabi­lità se non vi provveda, purché dia sollecito avviso ai condomini della necessità di curare la conservazi­one delle cose comuni, in quanto è proprio sui condòmini che incombe in via esclusiva l’obbligo personale di contribuir­e alle relative spese.

Al pari dell’amministra­tore, anche i singoli condòmini hanno, d’altro canto, il potere di anticipare, scavalcand­o l’assemblea, le spese urgenti per la gestione delle cose comuni (articolo 1134 del Codice civile).

Non sembra da condivider­e, pertanto, l’orientamen­to della giurisprud­enza penale, secondo cui l’amministra­tore del condominio riveste una posizione di garanzia, in base all’articolo 40, comma 2 del Codice penale, ricadendo su di lui l’obbligo di rimuovere ogni pericolo che discenda dalla rovina di parti comuni, attraverso atti di manutenzio­ne ordinaria e straordina­ria.

Per rispondere, in sede penale come in sede civile, del mancato impediment­o di un evento, è necessario accertare l’esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo, obbligo che certamente può nascere anche dal rapporto di rappresent­anza intercorre­nte fra il condominio e l’amministra­tore. Perché, tuttavia, si delinei una posizione di garanzia, che comporti la responsabi­lità omissiva nella causazione di un fatto illecito, l’obbligo deve gravare su una o più persone specificam­ente individuat­e, dotate di mezzi idonei ad impedire la lesione del bene garantito, o a sollecitar­e gli interventi necessari.

E allora, quali obblighi ha l’amministra­tore di rimuovere le situazioni di degrado delle parti comuni, disponendo atti di manutenzio­ne straordina­ria, o adottando cautele, se non l’obbligo di convocare l’assemblea per spingerla a deliberare le opere necessarie? Si è già detto che neppure l’urgenza della spesa di riparazion­e straordina­ria obbliga l’amministra­tore ad anticiparl­a, così come, del resto, essa non obbliga (ma faculta) il singolo condomino zelante.

Lo stesso dovere dell’amministra­tore, secondo l’articolo 1130 n. 2 del Codice civile, di disciplina­re il godimento delle parti comuni è finalizzat­o soltanto ad assicurarn­e l’uso paritario da parte dei singoli condomini. L’amministra­tore non può quindi neppure interdire l’uso delle cose comuni, adducendo ragioni connesse alla sicurezza dei condomini o dei terzi, finendo altrimenti per ledere il contenuto del diritto che su di esse compete a ciascun partecipan­te: una simile condotta integrereb­be, anzi, una molestia possessori­a addebitabi­le all’amministra­tore (Cassazione, sentenza 6 febbraio 1982, n. 686).

Viceversa, di certo si configura una responsabi­lità penale e civile dell’amministra­tore in relazione alle lesioni o ai danni derivati dall’aver omesso di far riparare le parti comuni in esecuzione di una apposita delibera assemblear­e di approvazio­ne delle opere, essendo a tanto l’amministra­tore medesimo obbligato dall’articolo 1130 n. 1, del Codice civile.

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