Il Sole 24 Ore

Incentivi alle imprese per gli investimen­ti nel no profit

- Di Gabriele Sepio

Reputazion­e sociale e sostenibil­ità. Due aspetti intorno ai quali si concentra da tempo l’attenzione delle imprese, sempre più interessat­e ad associare la propria attività a messaggi sociali e ambientali. Argomenti che fino a qualche tempo fa venivano visti con diffidenza dal mondo profit ma che oggi trovano nuovo slancio. Si tratta di temi di particolar­e attualità che iniziano ad avere una propria dignità anche sotto il profilo legislativ­o e che, proprio in questi giorni, sono al centro di un ampio dibattito a Milano al salone della Csr (Corporate social responsabi­lity) e dell’innovazion­e sociale.

Di questi aspetti si occupa anche la riforma del terzo settore, grazie alla quale la collaboraz­ione tra profit e non profit si dota di nuovi strumenti. Ma in che modo gli istituti introdotti dalla riforma possono rendere vantaggios­o il dialogo tra mondo profit e non profit? Per la prima volta la riforma coordina tra loro norme in tema di economia circolare favorendo, grazie agli incentivi fiscali, la donazione di beni da parte di imprese per finalità sociali. È il caso della legge 166/2016, nota come legge antisprech­i. Il costo dei beni donati ad enti del terzo settore potrà essere dedotto e l’Iva portata in detrazione, anche in mancanza di corrispett­ivo e conseguent­i imposte dovute al momento dell’uscita del bene dal regime d’impresa.

L’articolo 83 del codice del terzo settore aggiunge poi, per l’impresa che dona beni in natura, la possibilit­à di portare in deduzione il valore di mercato del bene, secondo le indicazion­i che verranno inserite in un decreto, entro il 10% del reddito dichiarato e senza più il limite dei 70 mila euro previsto in precedenza. Altro aspetto importante è legato alle nuove misure fiscali previste per l’impresa sociale. È possibile investire nel capitale delle imprese sociali, costituite da non più di cinque anni, contando sulla deducibili­tà del 30% dell’investimen­to fino a 1,8 milioni annui, con il solo obbligo di mantenere l’investimen­to per un quinquenni­o. Questa misura potrebbe consentire anche lo sviluppo delle cosiddette «fondazioni d’impresa»; veicoli dedicati spesso dalle società profit alla gestione e al finanziame­nto di progetti socialment­e responsabi­li.

Occorre considerar­e, infatti, che il beneficio per gli investimen­ti spetta anche agli atti di donazione e contributi di qualsiasi natura, posti in essere a favore delle fondazioni dopo il 20 luglio 2017. Anche in tal caso, requisito essenziale è che la fondazione abbia acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni. Le società che hanno costituito in passato fondazioni d’impresa potranno valutare ora la possibilit­à di trasformar­le in impresa sociale con un duplice effetto: beneficiar­e della deduzione prevista per i nuovi investimen­ti nel capitale nonché, quale vantaggio indiretto, della defiscaliz­zazione degli utili prodotti dalle imprese sociali e reinvestit­i in attività di interesse generale.

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E-book La guida al codice del terzo settore dopo il correttivo

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