Il nuovo porto di Hamad cuore del progetto di autonomia alimentare
Sicurezza alimentare e diversificazione economica: per perseguire gli ambiziosi obiettivi della Vision 2030 voluta dall’emiro Tamim bin Hamad Al Thani, il Qatar sta costruendo il nuovo Porto di Hamad che a regime, nel 2020, coprirà un’area di 20 chilometri quadrati con una capacità di 7,5 milioni di container. Il progetto, precedente all’embargo del giugno 2017 oltre ad aprire rotte verso Oman, Kuwait, Pakistan e Turchia, fa del porto un’impresa di trasformazione delle materie prime.
Zucchero, riso e semi per olii arriveranno a bordo delle navi, verranno scaricati e portati alle raffinerie e all’oleificio, poi impacchettati e imbottigliati, infine stoccati e distribuiti nel Paese. E il design di questo progetto è stato affidato a una società italiana, Agrotec. Esperienza pluridecennale nel campo della consulenza tecnica e scientifica nei settori agricolo e ambientale, l’azienda si è consorziata con un costruttore qatarino quando nel 2016 venne aperta la gara internazionale per questo terminale del nuovo porto. Battendo altri sette consorzi (cinesi, indiani, danesi). L’intero progetto, costruzione inclusa, vale 460 milioni di dollari.
«Noi abbiamo creato tutto il design del progetto, da quando la nave arriva alla banchina con le materie prime a quando i prodotti finiti vengono stoccati» spiega Marco Girelli, managing director di Agrotec. «Ci saranno una raffineria per lo zucchero - continua e un impianto di raffinazione dell’olio vegetale mentre il riso passerà dall’apposito silos al mulino. I serbatoi per contenere l’olio saranno invece in acciaio, accanto all’impianto di imbottigliamento». È previsto anche il riutilizzo degli scarti riciclabili (good waste) che diventeranno mangime per animali.
Da quando nel giugno 2017 Arabia Saudita, Barhein, Egitto ed Emirati Arabi Uniti hanno imposto al Qatar un “blocco” totale (accusando Doha di non fare abbastanza nella lotta al terrorismo), il Governo ha dato un’ulteriore spinta ai progetti preesistenti di indipendenza alimentare, aprendo molte opportunità di business nel settore agricolo: dalle materie prime ai macchinari fino agli impianti di trasformazione. Le 14mila vacche da latte portate dagli Stati Uniti in Qatar con un ponte aereo subito dopo l’embargo sono state l’operazione più eclatante e di impatto massmediatico ma non certo l’unica.
Le nuove infrastrutture portuali intendono mettere a segno l’obiettivo di assicurare l’autosufficienza per due anni ai due milioni di mezzo di abitanti del Qatar. «In volumi - spiega il manager di Agrotec - verranno prodotte e stoccate 330mila tonnellate di riso, 190mila di zucchero e 130mila di olio. Abbiamo iniziato a lavorare nell’agosto 2017 e siamo ai progetti esecutivi, dovremmo finire nel 2020».
I tre alimenti “primari” selezionati per il progetto, peraltro, sono soltanto l’inizio. I quatarini vogliono introdurre o aumentare anche altre produzioni, per esempio allevamenti di polli e serre. Il leitmotiv in questo momento è l’indipendenza alimentare e a questo scopo sono anche stati distribuiti terreni. È tuttavia difficile, visto il clima, che si possa introdurre una vera e propria agricoltura estensiva.
Viste le esigenze strategiche, non è difficile immaginare che le prossime mosse del governo del Paese potranno coinvolgere anche altri alimenti, allo stato rimasti fuori, come i cereali e - perché no - anche il fresco o addirittura la catena del freddo.
Adesso e nell’immediato futuro è la Turchia a sopperire alle esigenze alimentari del Qatar dal momento che l’Arabia Saudita, potenza vicina e già principale fornitore di derrate alimentari, non sembra intenzionata a togliere l’embargo a Doha. Anche l’acqua è una delle principali preoccupazioni dei qatarini che hanno scorte per due giorni in caso di interruzione degli approvvigionamenti e un solo impianto di desalinizzazione. Questi elementi fanno pensare che il lungo cammino verso l’autosufficienza sia in effetti appena cominciato.
Marco Girelli, managing director dell’azienda italiana