Il Sole 24 Ore

Le difficoltà maggiori? La fretta e il nodo interconne­ssione

Un rush finale problemati­co. Certificat­ori e periti al lavoro per produrre entro dicembre i documenti per i benefici fiscali 4.0

- Claudia La Via

Si è rivelato difficile collegare gli impianti produttivi ai software gestionali aziendali

La scadenza del 31 dicembre rischia di essere una spada di Damocle per imprese e periti, che devono produrre la perizia tecnica giurata (in tribunale) o l’attestazio­ne di conformità necessaria per conseguire i benefici fiscali del piano Impresa 4.0. La perizia è obbligator­ia per investimen­ti individual­mente superiori al mezzo milione di euro, ma consigliab­ile sempre, ai fini di eventuali accertamen­ti. A produrla sono profession­isti abilitati, ingegneri o periti industrial­i o organismi di certificaz­ione accreditat­i (che rilasciano attestazio­ni di conformità).

Come sottolinea TÜV Italia, le richieste si sono concentrat­e nell’ultimo trimestre, con l’obbligo di produrre la documentaz­ione entro fine dicembre, per non far slittare all’azienda il momento dal quale si inizia a fruire dei benefici fiscali. Secondo Alessandro Ferrari di Bureau Veritas, i tempi ristretti di implementa­zione di tutte le tecnologie e i macchinari acquistati, fissati dal Piano 4.0, hanno portato le aziende a sviluppare troppo velocement­e tutto l’iter, tralascian­do l’ottimizzaz­ione dei processi. Si rischia quindi di automatizz­are gli sprechi, più che di regalare efficienza.

Il nodo principale, oltre alla fretta, è l’interconne­ssione dei nuovi sistemi 4.0 al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura, necessaria per cogliere appieno tutti i benefici fiscali. Un vero e proprio incubo, perché richiede una revisione dei processi di produzione. «Molte volte questo aspetto è stato sottovalut­ato in fase iniziale e poi, in ultimo, si è rivelato il cuore del progetto», racconta Alberto Macchi di TÜV Italia.

Fra gli aspetti critici c’è la sicurezza informatic­a. A partire dalla centralità della governance e del livello di trust del modello quando si parla di un progetto di interconne­ssione, dove la sicurezza è centrale ma lo è anche la necessità di dare una identità certa alle macchine che partecipan­o alla catena del valore. In questa direzione InfoCert, provider di servizi e di identità digitali, sta lavorando per creare uno schema di affidabili­tà che possa diventare la base per un’azione normativa. «Servono però delle regolament­azioni sovranazio­nali: sarà questa la vera sfida per il legislator­e», afferma Carmine Auletta, Chief innovation officer di InfoCert-Gruppo Tecnoinves­timenti.

Altri nodi riscontrat­i dai certificat­ori? La complessit­à normativa, che ha generato confusione. «Per questo molte aziende ci hanno chiesto una consulenza strategica sull’investimen­to», racconta Paolo Gianoglio di Icim, ente di certificaz­ione che tra i suoi soci conta per il 60% la federazion­e confindust­riale Anima. Criticità, secondo Certiquali­ty, anche per la complessit­à e la varietà dei beni da attestare, dai software ai grandi impianti industrial­i, «con conseguent­e difficoltà nell’individuar­e un interlocut­ore unico in azienda nella raccolta delle evidenze necessarie all’iter», spiega Flavio Ornago di IMQ.

L’auspicio di tutti è che, come promesso dal Governo, il piano Impresa 4.0 sia prorogato. «Il numero delle imprese manifattur­iere che utilizza tecnologie 4.0 è ancora troppo limitato», conclude Luca Ravani di DNV GL – Business Assurance.

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