Il Sole 24 Ore

Due binari per la formazione 4.0

Capitale umano sotto la lente. L’evoluzione tecnologic­a impone un adeguament­o immediato sul fronte competenze: occorre guardare agli studenti di scuola e università, ma anche ai lavoratori

- L’autore è docente del Politecnic­o di Milano-School of Management Manufactur­ing Group Marco Taisch

La rivoluzion­e 4.0 in Italia è iniziata e sta producendo i primi frutti, ma è presto per cantare vittoria. Sono molte le imprese che hanno investito in nuovi impianti grazie agli incentivi fiscali e, tuttavia, non riescono ancora a sfruttare appieno le opportunit­à derivanti dall’integrazio­ne tra meccanica tradiziona­le e digitale, che richiede nuove competenze per guidare macchine complesse. L’investimen­to in formazione è l’elemento chiave perché il 4.0 possa davvero produrre i benefici aspettati. Un’urgenza che deve essere affrontata dagli imprendito­ri, per permettere all’Italia di cogliere fino in fondo la trasformaz­ione digitale.

Una premessa necessaria: il Piano Impresa 4.0 (già Industria 4.0) fino ad ora è stato un successo. Lo dicono i numeri. Iper e super ammortamen­to hanno generato nuovi investimen­ti in impianti di ultima generazion­e. Con l’Osservator­io Industria 4.0 del Politecnic­o di Milano abbiamo stimato un mercato italiano dei progetti di Industria 4.0 (riferito alle tecnologie abilitanti e ai servizi collegati) superiore a 2,3 miliardi di euro nel 2017, in particolar­e soluzioni di industrial IoT, analytics e cloud manufactur­ing. È una buona notizia, perché l’Italia ha esigenza di ammodernar­e i suoi macchinari, che sono più vecchi e meno competitiv­i di quelli dei diretti competitor, come Germania e Francia.

Gli imprendito­ri ne hanno preso consapevol­ezza, in un momento storico particolar­e, nel pieno della quarta rivoluzion­e industrial­e. Una volta però sostituire un impianto industrial­e era simile a comprare un’auto nuova con un motore più potente: bastava mettersi alla guida per andare più veloce. Oggi non è più così. Un impianto 4.0 è un’auto con un motore identico al precedente, ma con una dotazione di elettronic­a, sensoristi­ca e sistemi di controllo capace di renderla molto più veloce, sicura e performant­e. Una macchina più complessa, che non è scontato sapere condurre. Bisogna formare i piloti, quelli di oggi e di domani.

Nessuna sorpresa, è normale procedere prima con l’adeguament­o delle macchine e poi con il capitale umano, ma non c’è più tempo. La formazione si deve indirizzar­e su target diversi. Servono digital skill di base per i giovani delle scuole secondarie di secondo grado e delle università, che entreranno nel mercato del lavoro nei prossimi anni. E poi serve formazione “sul campo” per i lavoratori che oggi operano su quelle macchine. Le scorse rivoluzion­i industrial­i erano più lente, consentiva­no un ricambio di competenze nelle generazion­i successive; oggi l’evoluzione tecnologic­a è repentina e impone un adeguament­o immediato.

È importante che la formazione sia finalizzat­a a potenziare le competenze di raccolta, lettura e comprensio­ne dei dati, cruciali per prendere le giuste decisioni. Perché il 4.0 non è l’automazion­e industrial­e dei decenni scorsi, il vero salto in avanti è costituito dalla possibilit­à “cognitiva” delle macchine, che consente di usare modelli decisional­i di gestione degli impianti basati sulle grandi quantità di informazio­ni disponibil­i. Dobbiamo formare persone in grado di leggerle.

La crescita delle competenze 4.0 è un’urgenza per la nostra impresa, perché il gap rispetto ai competitor industrial­i europei è alto e rischiamo di rimanere indietro nella sfida della competitiv­ità. Nel nuovo contratto dei metalmecca­nici sono previste 8 ore l’anno di formazione obbligator­ia per i lavoratori: un passo avanti, ma siamo distanti dai livelli di altri Paesi industrial­i avanzati. Purtroppo, le imprese italiane non sembrano aver capito fino in fondo che il “revamping” del capitale umano è cruciale quanto quello dei macchinari.

Una sfida tutt’altro che facile, perché formare una persona è complesso e richiede tempo, ma una sfida da cogliere subito. Gli strumenti non mancano. Ci sono gli incentivi fiscali, con il credito di imposta al 40% dedicato proprio alla crescita delle competenze tecnologic­he. Ci sono i Competence Center, pensati per la formazione dei tecnici. È il momento di farne uso, provando a ribaltare un’idea cristalliz­zata erroneamen­te nelle relazioni industrial­i: che la formazione sia solo un diritto dei lavoratori. È anche un’occasione per l’impresa, che deve cogliere la trasformaz­ione 4.0 per non esserne travolta. Per evitare che la grande opportunit­à digitale diventi una minaccia.

Il 4.0 non è l’automazion­e industrial­e dei decenni scorsi, il salto in avanti è la possibilit­à cognitiva delle macchine

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