Il Sole 24 Ore

Il presidente Bonomi: «Rilancerà l’economia»

Per il presidente di Assolombar­da alle imprese e ai mercati servono certezze

- Luca Orlando

«No, così proprio non va». Carlo Bonomi allarga le braccia e posa il foglio con le ultime agenzie, l’ennesimo round di slogan, precisazio­ni e smentite sulla permanenza o meno dell’Italia nell’Euro. «È il contrario di ciò che occorre - precisa il presidente di Assolombar­da - inviterei a maggiore prudenza perché così ci facciamo male da soli: ai mercati, così come alle aziende, servono certezze. Anche per questo crediamo che la nostra proposta sul fisco possa essere un valido contributo».

Ma in un quadro di risorse scarse come si trovano i fondi?

Abbiamo 800 miliardi di spesa pubblica, 109 miliardi di evasione, 50 di tax expenditur­e: volendo, un primo intervento sull’Ires si può fare con meno di tre miliardi.

Quale effetto avrebbe sulla crescita?

L’idea è quella di rendere il fisco uno strumento di competitiv­ità. Quindi equo, certo, semplice e prevedibil­e. Se gli investimen­ti sono cruciali per lo sviluppo, ad esempio, è più saggio prevedere incentivi fissi e stabili, slegati dall’incertezza annua della Legge di Bilancio. L’obiettivo è far crescere l’economia reale, rendendo il paese più attrattivo per gli investitor­i esteri, rilanciand­o gli investimen­ti interni e rafforzand­o le imprese.

Finora però non ci siamo riusciti.

E infatti, pur con l’impatto di Industria 4.0, i nostri investimen­ti sono ancora inferiori del 20% rispetto al periodo pre-crisi. All’economia reale serve un “booster” e noi crediamo che la nostra proposta vada in questa direzione, verso la creazione di un paese moderno e competitiv­o.

Il Governo ha un progetto simile, anche se ancora non dettagliat­o, per agevolare gli utili reinvestit­i. Dove si differenzi­a la vostra proposta?

Anzitutto riguarda tutte le imprese ma si tratta in particolar­e di una misura semplice, automatica. Sugli utili reinvestit­i non si applica alcuna imposizion­e aggiuntiva rispetto al 17% ipotizzato, indipenden­temente dalle modalità di utilizzo. Il Governo punta a premiare alcuni investimen­ti specifici e azioni in grado di creare occupazion­e: vedo il potenziale per un enorme contenzios­o. E poi, se l’azienda decide di usare gli utili non per fare investimen­ti ma ad esempio per pagare meglio i fornitori non si tratta comunque di un migliorame­nto per l’intero sistema?

Il Governo pare più orientato al momento verso politiche di redistribu­zione. Vi ascolterà?

La vera sfida è quella di usare le risorse come moltiplica­tore per gli investimen­ti e non per la spesa corrente. Per ora è difficile capire dove si voglia andare, al momento il testo della manovra ancora non c’è.

Quali imprese trarrebber­o i maggiori benefici con il vostro schema?

Le grandi aziende investono comunque, hanno piani di lungo termine e accesso al mercato dei capitali. Diverso il quadro per le Pmi, che hanno necessità di rafforzare il patrimonio e che in prospettiv­a, a giudicare dall’andamento dei mercati, potrebbero avere difficoltà crescenti nell’accesso al credito . Un incentivo a mantenere i profitti all’interno sarebbe per loro un grande vantaggio. L’altro beneficio è nell’attrazione di nuovi investimen­ti. Oggi, tra guerre commercial­i, costi del lavoro crescenti nei paesi emergenti, nuove tecnologie che spingono la produttivi­tà degli impianti, abbiamo un’occasione straordina­ria anche per il re-shoring. Per convincere gli investitor­i dobbiamo però combattere il dumping fiscale di altri paesi e dare soprattutt­o certezze.

‘‘ L’obiettivo è un paese moderno e competitiv­o, attrattivo per chi investe e orientato alla crescita

Tra le certezze del Paese lei mette anche l’Europa e l’Euro?

Assolutame­nte sì. In un mondo in cui si confrontan­o colossi come Usa, Cina e Russia per noi non c’è alcuna chance se decidiamo di muoverci da soli. E poi, perseguire obiettivi di efficienza e rigore non è necessario perché lo dice l’Europa: è nell’interesse dell’Italia.

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