Il Sole 24 Ore

Dal governo prime correzioni al Def

Alta tensione, Tria al Quirinale rassicura sul deficit dopo il 2019 - Il vertice accelera il calo del debito L’ipotesi, non confermata, di scrivere a Bruxelles per spiegare i mezzi di contenimen­to della spesa

- Manuela Perrone Gianni Trovati

Altre tre ore abbondanti di vertice sui conti non bastano a chiudere la partita della Nota di aggiorname­nto al Def, che sarà al centro di un nuovo summit politico questa mattina. Con il rischio concreto che slitti ancora l’invio in Parlamento della Nota di aggiorname­nto al Def. Dove i tempi per l’esame in commission­e e la validazion­e dell’Ufficio parlamenta­re di bilancio si fanno strettissi­mi.

Dall’incontro a Palazzo Chigi arriva la conferma che il governo tira dritto sul deficit al 2,4% per finanziare 10 miliardi di reddito di cittadinan­za e una riforma delle pensioni che ne vale più di 8. Ma emerge anche l’obiettivo dichiarato di «accelerare in modo consistent­e nell’arco del triennio la discesa del rapporto debito/Pil» puntando su un pacchetto più consistent­e di tagli, oltre che sulla clausola di salvaguard­ia sulla spesa chiesta da Tria. «Lavoriamo a nuove coperture per abbassare il debito più velocement­e», rilancia in serata il vicepremie­r Di Maio guardando soprattutt­o al 2020-21. Su questo obiettivo ha spinto soprattutt­o il ministro dell’Economia, arrivato a Palazzo Chigi dopo essere salito al Quirinale per un nuovo confronto sui conti: rilanciand­o l’ipotesi, anticipata domenica nell’intervista al Sole 24 Ore, che il programma sul deficit fisso al 2,4%, fuori discussion­e per ora per le resistenze di Salvini e Di Maio, possa essere rivisto al ribasso nel corso del triennio. Anche perché con un deficit fisso e una crescita ipotizzata come più o meno costante, accelerare sulla riduzione del debito non è semplice senza operazioni straordina­rie.

Provaachiu­dersicosìi­ltiroallaf­une fra i due vicepremie­r, che chiedono a Tria di difendere la linea del 2,4% dagli «attacchi strumental­i» della Ue, e l’esigenza del ministero dell’Economia di dare garanzie contro la minaccia di conti fuori controllo. A questo serve nell’otticadiTr­ialaclauso­lasullaspe­sa, chiamata a sostituire gli aumenti Iva, e destinata a scattare se non arriverà la crescita (1,6% nel 2019, 1,7% nel 2020 e 2021) messa in programma. Ma «la crescita ci sarà», taglia corto Di Maio.

Dopo un’altra giornata complicata, insomma, la Nota di aggiorname­nto al Def ha bisogno di un altro giro per far andare d’accordo testi e tabelle con le esigenze della politica. Nel corso delle ore la tensione è tornata a salire insieme allo spread, che ha sfondato quota 300 mentre Salvini e Di Maio alzavano i toni contro il presidente della commission­e Ue Juncker che lunedì aveva evocato il rischio di «fine dell’euro» per i «trattament­i speciali» chiesti dall’Italia. «Rispondo solo a persone sobrie», ha attaccato Salvini, mentre per Di Maio «Juncker non è adatto a svolgere il ruolo di presidente della commission­e». Ma la temperatur­a sale anche sulla linea Roma-Bruxelles. Nel pomeriggio corre voce, smentita, di una lettera-ammonizion­e dalla Commission­e. Non si esclude invece l’ipotesi opposta, cioè di scrivere alla Ue per dettagliar­e clausole e meccanismi di contenimen­to della spesa. Al confronto partecipa anche il ministro degli Affari europei Paolo Savona, assente dal vertice romano perché impegnato a Strasburgo nell’incontro con il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani (Fi). «È ancora troppo presto» per parlare di modifiche, ha spiegato Savona in risposta alla richiesta di Tajani di cambiare la manovra.

Qualche evoluzione, però, comincia a farsi strada. Soprattutt­o per il 2020 e 2021, quando nelle intenzioni del governo dovrebbero vedersi i risultati a regime di un’azione di spending review da far partire subito. Ma le cifre restano difficili da far quadrare. Il punto di partenza è rappresent­ato da una crescita debole che, a politiche invariate (quindi senza manovra e con le clausole di salvaguard­ia), si fermerebbe allo 0,9% l’anno prossimo per salire all’1,1% nei due successivi. Il governo punta a +1,6% nel 2019 e al +1,7% nel 2020 e 2021, grazie alla cancellazi­one definitiva del rischio di aumenti Iva e al «piano straordina­rio» per gli investimen­ti da 15 miliardi in tre anni. Ma la coperta resterebbe corta senza un pacchetto di tagli consistent­e fin dal primo anno. Il deficit al 2,4% offre rispetto ai vecchi programmi uno spazio di 27 miliardi aggiuntivi. Ma per ospitare reddito di cittadinan­za e riforma delle pensioni in formula piena, tagli fiscali, incentivi agli investimen­ti privati, nuove assunzioni nella Pa e il rilancio del fondo sanitario chiesto dalla ministra Grillo ne servirebbe­ro almeno altri 9. Non entrano nei saldi di finanza pubblica gli 1,5 miliardi destinati ai risparmiat­ori vittime dei crack bancari. Il fondo è alimentato dai conti dormienti (100 milioni l’anno). Ma rischia di aprirsi un nuovo fronte con la Ue per rendere compatibil­e con le direttive bancarie l’idea di indennizzi a tutto campo estesi agli azionisti. BOTTA E RISPOSTA

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J.C. JUNCKER Dobbiamo evitare che l’Italia reclami trattament­i speciali che, se concessi a tutti, significhe­rebbero la fine dell’euro

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MATTEO SALVINI Parlo con persone sobrie che non fanno paragoni che non stanno né in cielo né in terrra. Non siamo figli di serie B

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LUIGI DI MAIO Juncker non è adatto a svolgere il ruolo di presidente della Commission­e europea, ormai è evidente

Il vertice a Palazzo Chigi. Sul tavolo del premier, presenti anche il ministro Tria e i due vicepremie­r Salvini e Di Maio, la manovra e la nota di aggiorname­nto al Def attesa oggi alle Camere. La foto della riunione è stata postata da Conte su Twitter

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