Dal governo prime correzioni al Def
Alta tensione, Tria al Quirinale rassicura sul deficit dopo il 2019 - Il vertice accelera il calo del debito L’ipotesi, non confermata, di scrivere a Bruxelles per spiegare i mezzi di contenimento della spesa
Altre tre ore abbondanti di vertice sui conti non bastano a chiudere la partita della Nota di aggiornamento al Def, che sarà al centro di un nuovo summit politico questa mattina. Con il rischio concreto che slitti ancora l’invio in Parlamento della Nota di aggiornamento al Def. Dove i tempi per l’esame in commissione e la validazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio si fanno strettissimi.
Dall’incontro a Palazzo Chigi arriva la conferma che il governo tira dritto sul deficit al 2,4% per finanziare 10 miliardi di reddito di cittadinanza e una riforma delle pensioni che ne vale più di 8. Ma emerge anche l’obiettivo dichiarato di «accelerare in modo consistente nell’arco del triennio la discesa del rapporto debito/Pil» puntando su un pacchetto più consistente di tagli, oltre che sulla clausola di salvaguardia sulla spesa chiesta da Tria. «Lavoriamo a nuove coperture per abbassare il debito più velocemente», rilancia in serata il vicepremier Di Maio guardando soprattutto al 2020-21. Su questo obiettivo ha spinto soprattutto il ministro dell’Economia, arrivato a Palazzo Chigi dopo essere salito al Quirinale per un nuovo confronto sui conti: rilanciando l’ipotesi, anticipata domenica nell’intervista al Sole 24 Ore, che il programma sul deficit fisso al 2,4%, fuori discussione per ora per le resistenze di Salvini e Di Maio, possa essere rivisto al ribasso nel corso del triennio. Anche perché con un deficit fisso e una crescita ipotizzata come più o meno costante, accelerare sulla riduzione del debito non è semplice senza operazioni straordinarie.
Provaachiudersicosìiltiroallafune fra i due vicepremier, che chiedono a Tria di difendere la linea del 2,4% dagli «attacchi strumentali» della Ue, e l’esigenza del ministero dell’Economia di dare garanzie contro la minaccia di conti fuori controllo. A questo serve nell’otticadiTrialaclausolasullaspesa, chiamata a sostituire gli aumenti Iva, e destinata a scattare se non arriverà la crescita (1,6% nel 2019, 1,7% nel 2020 e 2021) messa in programma. Ma «la crescita ci sarà», taglia corto Di Maio.
Dopo un’altra giornata complicata, insomma, la Nota di aggiornamento al Def ha bisogno di un altro giro per far andare d’accordo testi e tabelle con le esigenze della politica. Nel corso delle ore la tensione è tornata a salire insieme allo spread, che ha sfondato quota 300 mentre Salvini e Di Maio alzavano i toni contro il presidente della commissione Ue Juncker che lunedì aveva evocato il rischio di «fine dell’euro» per i «trattamenti speciali» chiesti dall’Italia. «Rispondo solo a persone sobrie», ha attaccato Salvini, mentre per Di Maio «Juncker non è adatto a svolgere il ruolo di presidente della commissione». Ma la temperatura sale anche sulla linea Roma-Bruxelles. Nel pomeriggio corre voce, smentita, di una lettera-ammonizione dalla Commissione. Non si esclude invece l’ipotesi opposta, cioè di scrivere alla Ue per dettagliare clausole e meccanismi di contenimento della spesa. Al confronto partecipa anche il ministro degli Affari europei Paolo Savona, assente dal vertice romano perché impegnato a Strasburgo nell’incontro con il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani (Fi). «È ancora troppo presto» per parlare di modifiche, ha spiegato Savona in risposta alla richiesta di Tajani di cambiare la manovra.
Qualche evoluzione, però, comincia a farsi strada. Soprattutto per il 2020 e 2021, quando nelle intenzioni del governo dovrebbero vedersi i risultati a regime di un’azione di spending review da far partire subito. Ma le cifre restano difficili da far quadrare. Il punto di partenza è rappresentato da una crescita debole che, a politiche invariate (quindi senza manovra e con le clausole di salvaguardia), si fermerebbe allo 0,9% l’anno prossimo per salire all’1,1% nei due successivi. Il governo punta a +1,6% nel 2019 e al +1,7% nel 2020 e 2021, grazie alla cancellazione definitiva del rischio di aumenti Iva e al «piano straordinario» per gli investimenti da 15 miliardi in tre anni. Ma la coperta resterebbe corta senza un pacchetto di tagli consistente fin dal primo anno. Il deficit al 2,4% offre rispetto ai vecchi programmi uno spazio di 27 miliardi aggiuntivi. Ma per ospitare reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni in formula piena, tagli fiscali, incentivi agli investimenti privati, nuove assunzioni nella Pa e il rilancio del fondo sanitario chiesto dalla ministra Grillo ne servirebbero almeno altri 9. Non entrano nei saldi di finanza pubblica gli 1,5 miliardi destinati ai risparmiatori vittime dei crack bancari. Il fondo è alimentato dai conti dormienti (100 milioni l’anno). Ma rischia di aprirsi un nuovo fronte con la Ue per rendere compatibile con le direttive bancarie l’idea di indennizzi a tutto campo estesi agli azionisti. BOTTA E RISPOSTA
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J.C. JUNCKER Dobbiamo evitare che l’Italia reclami trattamenti speciali che, se concessi a tutti, significherebbero la fine dell’euro
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MATTEO SALVINI Parlo con persone sobrie che non fanno paragoni che non stanno né in cielo né in terrra. Non siamo figli di serie B
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LUIGI DI MAIO Juncker non è adatto a svolgere il ruolo di presidente della Commissione europea, ormai è evidente
Il vertice a Palazzo Chigi. Sul tavolo del premier, presenti anche il ministro Tria e i due vicepremier Salvini e Di Maio, la manovra e la nota di aggiornamento al Def attesa oggi alle Camere. La foto della riunione è stata postata da Conte su Twitter