La Grecia prepara due budget di spesa per evitare i tagli
Una proposta prevede tagli alle pensioni, l’altra no L’avanzo primario al 4%
La Grecia intende violare un impegno finanziario preso con la Commissione e la Bce in sede di uscita dal «bailout» e probabilmente ce la farà grazie alla combinazione di due fattori: ragioni non infondate e una intelligente strategia del governo,impegnato a evitare accuratamente uno scontro che non conviene neanche alle controparti.
Il premier Alexis Tsipras vuole evitare che entrino in vigore a gennaio nuovi tagli alle pensioni, anche perché per il suo partito è essenziale presentare al Paese segnali di cambiamento e sollievo rispetto al lungo periodo di commissariamento delle politiche economiche, tanto più in vista dell’approssimarsi dell’appuntamento elettorale dell’autunno 2019 (che non è escluso possa essere anticipato). Il problema è che questi ennesimi tagli a effetto differito sono stati sottoscritti come condizione per l’uscita dal terzo «memorandum».
Così Tsipras ha astutamente sottoposto al Parlamento non una ma due bozze di budget di previsione, con scenari differenziati: uno che contempla quel delicato capitolo di riduzione della spesa pubblica e uno che non lo prevede. Nel frattempo, il governo negozierà con i creditori europei in modo amichevole, ribadendo - come aveva fatto Tsipras nel discorso di inizio settembre alla Fiera di Salonicco - che il Paese non intende deviare dal percorso virtuoso di risanamento che ha firmato. La bozza di budget conferma, nel medio termine, un avanzo primario del 3,5% fino al 2022, secondo quanto concordato, con una previsione di calo dell’indebitamento l’anno prossima al 170,2% del Pil rispetto al 183% (in lieve aumento) atteso per quest’anno, nel quadro di una accelerazione della crescita al 2,5% dal 2,1% del 2018. Il primo scenario di budget indica per il 2019 un surplus primario del 4,14%, il secondo del 3,56%. Qundi ancora dentro i parametri.
Il portavoce dell’esecutivo Dimitris Tzanakopoulos ha parlato di «ricerca di un terreno comune con la Commissione», in quanto «è del tutto evidente che un avanzo primario del 3,5% può esser conseguito senza varare la misura fiscale dei tagli pensionistici». Tagli non necessari, dunque. A questo punto tra i leader europei - alle prese con il caso Italia e la Brexit - nessuno se l’è sentita di fare la faccia feroce. Il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno ha riconosciuto che si tratta di «misure fiscali e non strutturali»; il Commissario agli affari economici Pierre Moscovici ha in sostanza aperto a un possibile «dibattito» sulla questione, così come ha fatto con più chiara disponibilità il direttore del Fondo salvastati Klaus Regling.
L’Europa ha problemi più grandi e non è interesse di nessuno intaccare la narrativa dell’«uscita con successo» della Grecia dal bailout. Del resto, ad Atene anche le opposizioni promettono meno austerità: è ben dubbio che la caduta della sinistra alle prossime elezioni metta in sella paladini di un maggior rigore. Semmai, con un futuro ribaltone alle urne, è quasi scontato l’annullamento dell’accordo bilaterale promosso da Tsipras - e già in un limbo dopo il referendum di domenica a Skopje - che spianerebbe la strada all’ingresso della Macedonia in Ue e Nato.
L’AVANZO PRIMARIO
In percentuale, è il livello di surplus primariod el bilancio statale che Tsipras promette anche evitando i nuovi tagli alle pensioni
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