Emilia-Romagna in frenata Le imprese: pesa l’incertezza
Ferrari: il sentiment degli imprenditori è in peggioramento
«Il sentiment degli imprenditori è peggiorato e a preoccuparci oggi sono i mercati più delle politiche del Governo, che non possiamo giudicare perché non sappiamo che cosa stia facendo, al di là degli annunci». Questa la premessa con cui Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Emilia-Romagna ha presentato ieri la congiuntura di metà anno e le previsioni a dicembre lungo la via Emilia. Territorio che continua a crescere, anche se il trend va rallentando (+1,4% il Pil previsto per il 2018 dopo il +1,8% del 2017, record nazionale), «e che si conferma uno snodo fondamentale dell’economia europea – sottolinea Ferrari – e un format che funziona e andrebbe replicato: qui le imprese continuano a creare occupazione, valore aggiunto, export con un meccanismo di filiera in virtù del quale le grandi realtà trascinino le piccole».
Il modello Emilia-Romagna ha bisogno però di essere alimentato da politiche e fatti concreti. «La voglia di conflitto che agita il Paese non serve alle imprese; serve invece un’agenda che rimetta al centro il tema dimenticato della formazione e della ricerca, gli investimenti, le infrastrutture, la riduzione del cuneo fiscale. Aumentare il deficit per la spesa corrente non ha effetti duraturi sullo sviluppo», ribadisce il numero uno degli industriali emiliano-romagnoli. Che da qui a fine anno hanno rivisto al ribasso le attese di crescita di produzione e domanda (il saldo tra ottimisti e pessimisti è sempre positivo di 25 punti, ma in calo di circa 10 punti rispetto a inizio 2018) e non si aspettano exploit neppure sul mercato del lavoro.
L’industria resta il motore più potente della via Emilia: il suo peso sul Pil è salito al 26,2% e la dinamica è positiva da 14 trimestri consecutivi (+2,4% la produzione e +2,5 il fatturato nel II trimestre, seppur 3 decimali in meno rispetto a inizio anno) e con una forte vocazione all’export, cresciuto del 5,2% nei primi sei mesi. Con un neo: il numero di imprese esportatrici resta molto basso e calante (22.238) e metà dell’export è in mano a un centinaio di aziende. Che l’orizzonte tra Piacenza e Rimini vada scurendosi lo confermano anche i gestori di IntesaSanpaolo, valutando oltre 12mila imprese clienti: nel 2019 è atteso un forte rallentamento degli investimenti. «Il primo fattore depressivo è dato dall’incertezza della politica italiana. Il rischio alle porte è un’impennata del costo del denaro più repentina del previsto», avverte il direttore generale dell’istituto di credito, Tito Nocentini.