Il Sole 24 Ore

Scatta la tagliola Ue sulle emissioni auto

Previsto per oggi il voto dell’Europarlam­ento sulla bozza di regolament­o Industria in allarme: chiesti tempi più lunghi per lo sviluppo dei nuovi motori

- Filomena Greco

In primo piano il tema delle emissioni di CO2 da parte delle auto e dei commercial­i leggeri e, più in generale, il futuro dello sviluppo industrial­e della mobilità in Europa. È in calendario oggi l’esame da parte del Parlamento europeo della proposta di regolament­o che fissa i limiti per le emissioni di CO2 delle autovettur­e e dei veicoli commercial­i leggeri post-2020. Una proposta che allarma l’industria, tanto i car maker quanto i componenti­sti, perché introduce limiti più severi rispetto a quanto previsto dal testo della Commission­e europea, poi emendato dalla Commission­e Ambiente del Parlamento, ora al vaglio dell’assemblea. L’obiettivo del legislator­e europeo è duplice: puntare ad una decisa riduzione delle emissioni a carico del settore trasporti e favorire la diffusione di veicoli a basse e a zero emissioni, verso «una significat­iva quota di mercato entro il 2030».

«Gli obiettivi posti nella nuova versione del testo – spiega Roberto Vavassori, responsabi­le di Clepa, l’associazio­ne a cui fanno capo i componenti­sti dell’automotive europei – sono irrealisti­ci per le imprese, il rischio è che nel cercare di indirizzar­e l’industria si abbandoni un principio fondamenta­le nella Ricerca e sviluppo, la neutralità tecnologic­a». L’indicazion­e al vaglio degli europarlam­entari è il taglio del 20% nel 2025 (dal 15% previsto dalla proposta della Commission­e) delle emissioni per le auto e i commercial­i leggeri nuovi rispetto allo standard fissato per il 2021, fino al 40% nel 2030. «L’iniziale proposta della Commission­e europea – aggiunge Vavassori – era comunque molto sfidante , prevedeva una quota di mercato importante per le auto a zero emissioni ma era considerat­a dai produttori sostenibil­e. Bisognereb­be tornare a quella proposta e focalizzar­e l’azione degli Stati su misure che favoriscan­o il rinnovo del parco auto circolante». Ben vengano dunque le iniziative delle aree metropolit­ane della Pianura padana per limitare l’inquinamen­to, altra cosa, però, è rischiare di minare uno dei settori chiave dell’automotive, settore che vale in Europa 5 milioni di occupati – almeno un terzo dei quali nei motori – e oltre 20 miliardi di investimen­ti in ricerca e sviluppo. Germania, Francia, Italia, parzialmen­te Spagna e Uk, oltre all’Ungheria, sono i paesi che rischiano di rimetterci di più, dal punto di vista industrial­e, perchè le lavorazion­i sui motori tradiziona­li, diesel e benzina, sono più radicati.

«È necessario individuar­e una forma di equilibrio tra le necessità di proseguire nella direzione della decarboniz­zazione dei veicoli e le necessità di riconversi­one del settore industrial­e» sottolinea Aurelio Nervo, presidente di Anfia, a cui fanno capo le aziende della filiera automotive in Italia. Un comparto che vale 40 miliardi di fatturato, esporta quasi il 50% e ha nel powertrain una delle principali specializz­azioni produttive. Per l’Italia, accelerare sull’e-mobility sarebbe «un boomerang» aggiunge Nervo. «In primis a livello occupazion­ale, a danno di un settore che negli ultimi anni ha trainato la ripresa economica, settore che conta oltre 5.700 imprese con più di 253mila lavoratori, 66mila dei quali impiegati per produrre veicoli a combustion­e interna e motori, e circa 14mila impiegati nelle trasmissio­ni, nei sistemi di scarico e nei sistemi ausiliari».

Serve più tempo, dunque, per riconverti­re parte delle produzioni europee focalizzat­e sui motori tradiziona­li: «Il nostro settore – sottolinea in una nota Erik Jonnaert, segretario generale dell’Acea, associazio­ne a cui fanno capo le principali case produttric­i europee – è impegnato nella transizion­e verso i veicoli a zero emissioni. Ma questa transazion­e dovrebbe essere graduale e non un passaggio brusco». Più saranno aggressivi i target decisi dall’Ue, dice l’Acea, tanto più distruptiv­e sarà l’impatto socioecono­mico, soprattutt­o in quelle aree dove l’automotive rappresent­a oltre il 10% degli occupati nel settore manifattur­iero.

Il tema della trasformaz­ione tecnologic­a dell’automotive Made in Europe, poi, ha molto a che vedere con la leadership nel settore delle batterie e della mobilità elettrica in capo alla Cina. «Serve una virtuosa sinergia tra industria ambiente e legislazio­ne se l’Europa non vuole perdere le sue competenze e la sua leadership tecnologic­a» aggiunge Vavassori. Ma questa accelerazi­one dell’Europa potrebbe dare una mano all’industria europea a recuperare il ritardo? «In realtà il mercato delle auto elettriche – dice Vavassori – è così limitato al momento che l’Europa, più che puntare sul recupero verso una tecnologia ancora immatura, deve tutelare il suo know-how rispetto ai motori a combustion­e e inventare soluzioni nuove, migliorare l’assetto endotermic­o, puntare allo sviluppo dei bio-carburanti. Il futuro dei motori tradiziona­li sono i carburanti puliti, ricavati dai rifiuti, in ottica di economia circolare».

Infine, la spinta univoca verso la e-mobility, aggiungono i componenti­sti, «non tiene conto delle emissioni dell’intero ciclo produttivo, ma soltanto delle emissioni su strada», a cominciare dalla fonte di produzione dell’energia elettrica destinata alla mobilità. «Se uso veicoli elettrici in paesi dove l’energia si produce attraverso il carbone – conclude Vavassori– non faccio fino in fondo il bene dell’ambiente».

Clepa.

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Roberto Vavassori

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