Linkem preda possibile per i perdenti della gara
L’operatore wi-fi dispone di 84 Mhz, ma ufficialmente non è in vendita
Ci sono almeno due operatori che possono fregarsi le mani per come è andata l'asta del 5G. Uno è Fastweb, che ha pagato 150 milioni per i 42 Mhz di Tiscali 0,05 euro per Mhz per abitante – lo stesso prezzo dell’asta spagnola – e l'altro è Linkem, che ha 84 Mhz di frequenze in utilizzo esclusivo proprio nella fascia da 3,7 Ghz che si è surriscaldata nella gara pubblica. Ufficialmente la società non è in vendita, ma i prezzi d'asta volati alle stelle (più del doppio rispetto alle frequenze “alte” britanniche) potrebbero essere una tentazione per l'azionariato, che al 60% fa capo a due soggetti finanziari Usa. Il primo è Leucadia, la merchant bank di Jefferis financial gruop, quotato aa Wall Street. L'altro è Blackrock, che quando è entrato, meno di due anni fa, ha dato una valutazione implicita di 800 milioni di euro per il 100% della società.
Gli analisti sono convinti che Linkem entrerà in gioco e probabilmente riflettono retropensieri e valutazioni che erano già in corso nel settore. Chi si è aggiudicato i lotti “piccoli” da 20 Mhz nella fascia 3700 – Wind Tre e Iliad - ha infatti solo l'alternativa di provarci con la società fondata nel 2001 da Davide Rota se vuole mettersi “in pari” con i concorrenti, Tim e Vodafone, che si sono aggiudicati gli 80 Mhz.
Linkem ha a disposizione 84 megahertz, esattamente il doppio di Tiscali, con scadenze però più ravvicinate rispetto a quelle andate in asta (che scadono nel 2037). Le concessioni sono appena state rinegoziate al 2029, con l’eccezione di 21 Mhz che sono in affitto e scadono ancora nel 2023, in attesa di proroga. Linkem tra l'altro dispone già di una rete utilizzabile per il 5G che copre il 75% del territorio nazionale, e ha un portafoglio di oltre 600mila clienti che utilizzano il servizio “senza fili” per connettersi a Internet in banda larga e ultralarga.
Dalla documentazione societaria depositata si apprende che Linkem nel 2017 aveva un patrimonio netto di 222 milioni e un Ebitda positivo per 10,9 milioni, anche se l’esercizio ha chiuso ancora in perdita per 59,5 milioni a causa degli elevati ammortamenti. Il verbale dell’assemblea del 30 maggio scorso segnala che «il fatturato è cresciuto del 23,07% rispetto al 2016 e tutte le chiusure intermedie mensili dell’esercizio 2017 sono risultate integralmente a Ebitda positivo». Il 2016 si era concluso con un fatturato di 78,4 milioni, un margine Ebitda positivo del 6,5% e una perdita netta di 38,8 milioni, dopo aver spesato ammortamenti per 49 milioni.
A marzo scorso Linkem ha ceduto il ramo d’azienda infrastrutture (torri) a Cellnex per 3 milioni, ottenendo l’autorizzazione di Invitalia dalla quale aveva ricevuto finanziamenti agevolati e contribuiti a fondo perduto per lo sviluppo di una rete wireless in alcune Regioni del Sud Italia. Infine, una curiosità: tra gli azionisti, alla data dell’ultima assemblea, compariva anche Marco De Benedetti con una quota pari allo 0,04% del capitale ordinario.