Ok a Canada Lng Ottawa esporterà gas liquefatto
Entro il 2025 pronto il maxi-impianto di Shell che lancia la sfida agli Usa
Un nuovo fornitore è pronto al debutto sui mercati internazionali del gas. Si tratta del Canada, che entro il 2025 inizierà ad esportare via mare il combustibile sotto forma di Gnl. Il primo impianto di liquefazione del Paese, Canada Lng, ha ricevuto ieri l’atteso via libera da parte di Royal Dutch Shell e dei soci di minoranza, che si sono impegnati a investire 14 miliardi di dollari per avviare immediatamente la costruzione delle prime due unità produttive, da 7 milioni di tonnellate l’anno ciascuna. Il costo totale del progetto è di 31 miliardi, in parte destinati a infrastrutture accessorie, tra cui un gasdottodi 670 km che TransCanada realizzerà per alimentare Canada Lng – situato a Kitimat, nel British Columbia – con il combustibile estratto nell’Alberta, area ricca di risorse ma isolata dai mercati, al punto che talvolta subisce prezzi negativi per il suo gas.
Il progetto era in gestazione da 7 anni e aveva subito due rinvii dal 2016, ma lo scenario oggi è decisamente migliorato. I prezzi del gas stanno correndo ovunque e il surplus di Gnl, che si temeva dovesse gravare a lungo sui mercati, presto potrebbe sparire. Shell, come molti analisti, pensa che emergerà addirittura un deficit nella prima metà del prossimo decennio. Proprio allora Canada Lng inizierà a esportare.
La luce verde all’investimento è arrivata in una fase di forte espansione dei consumi di Gnl, al traino soprattutto della Cina, e un paio di settimane dopo che Pechino ha imposto dazi sul gas «made in Usa». Il Qatar ha già approfittato della situazione firmando un contratto di fornitura ultraventennale con Petrochina e annunciando un’ulteriore espansione della produzione. Con Canada Lng , l’investimento nel gas liquefatto più grande nel mondo dal 2013, ora è Ottawa a farsi avanti. Grazie al progetto il Canada non solo inizia a rompere il guscio del suo isolamento energetico –che oggi la costringe a dipendere dagli Usa sia per l’export di gas che per il petrolio– ma si propone come diretto concorrente di Washington, soprattutto in Asia .
I soci di Shell, che ha il 40% del consorzio, sono tutti asiatici e comprendono, oltre alla malese Petronas (25%), tre dei maggiori acquirenti di Gnl: Petrochina e la giapponese Mitsubishi hanno il 15% ciascuna, la sudcoreana Kogas il 5%. Tutti gli azionisti sono talmente convinti della competitività del progetto da aver dato l’ok all’investimento senza assicurarsi in anticipo nemmeno un contratto per la vendita del gas, una prassi abituale per opere così grandi.
Shell e soci provvederanno ciascuno per conto proprio, pro quota, ad approvvigionare di gas Canada Lng. E ciascuno venderà (o utilizzerà) il Gnl alle condizioni che preferisce. Affacciato sull’Oceano Pacifico, l’impianto potrà rifornire l’Asia con tempi dimezzati rispetto a quelli impiegati dalle metaniere sulla rotta dal Golfo del Messico, dove opera Cheniere Energy, il pioniere del Gnl «made in Usa». E anche i volumi saranno imponenti: Canada Lng, per cui è previsto un possibile raddoppio di capacità, parte con 14 milioni di tonnellate l’anno, quanto l’intero export Usa del 2017 e quasi il 5%dell’attuale offerta globale di Gnl. L’anno scorso ne sono state commercializzate 293 milioni di tonnellate, ma WoodMackenzie prevede che nel 2025 la domanda sarà di 450 milioni.
á@SissiBellomo