Il Sole 24 Ore

La sfida dell’Italia è restare primo beneficiar­io nel 2019

Dopo Brexit la consistenz­a dei prestiti Bei rischia di calare di 100 miliardi

- Isabella Bufacchi

Nei primi nove mesi del 2018, l’Italia si conferma al primo posto dei finanziame­nti Bei, con 5,4 miliardi contratti firmati su un totale di 29,2. E questo primato l’Italia intende conservarl­o anche l’anno prossimo, dopo l’uscita del Regno Unito come azionista al 16% nel capitale della Bei, e ancor più nel caso in cui Francia e Germania avranno trovato maggiori sinergie, e meno sovrapposi­zioni, tra l’attività della Banca europea degli investimen­ti e la Banca europea per la ricostruzi­one e lo sviluppo (Bers).

Il vecchio dossier Bei-Bers, aperto nel 2008 da un gruppo di lavoro voluto da Tommaso Padoa-Schioppa per trovare terreno comune tra le due istituzion­i, è stato rispolvera­to in questi giorni dai governi di Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Nella Ue si sta raschiando il fondo del barile europeo per trovare quante più risorse finanziari­e possibili - dopo Brexit soprattutt­o - per aiutare i Paesi candidati all’Unione e per sostenere lo sviluppo economico in aree depresse limitrofe nel tentativo di tamponare l’immigrazio­ne: Nord Africa e Medio Oriente in primis.

Il futuro dell’architettu­ra finanziari­a per lo sviluppo della Ue non è ancora un documento ma lo diventerà: entro gennaio un gruppo di lavoro di esperti dovrà produrre un paper su razionaliz­zazione e focalizzaz­ione, individuan­do cioè le modalità migliori per far lavorare congiuntam­ente senza sovrapposi­zioni Bei e Bers. Non si parla di fusioni. La prima infatti è un’istituzion­e pura europea sotto il cappello del Trattato di Roma mentre la seconda, nata nel 1989 con una missione “temporanea” per avvicinare i Paesi dell’exUnione Sovietica dopo la caduta del muro di Berlino, ha 67 azionisti provenient­i da cinque continenti.

Altra differenza sostanzial­e è quella delle dimensioni: la Bei è stata in media dieci volte la Bers. Stando ai numeri del 2017, questo rapporto è di sette volte, avendo concesso la Bei una settantina di miliardi di prestiti (di cui circa 11 miliardi all’Italia dunque anche l’anno scorso primo Paese beneficiar­io), contro i 9,7 miliardi annata record -della Banca per la ricostruzi­one. La Bei eroga il 10% circa dei suoi finanziame­nti fuori dalla Ue, soprattutt­o nell’area mediterran­ea, Africa e Caraibi, Balcani e naturalmen­te la Turchia: 7,2 miliardi in tutto nel 2017. La Bers l’anno scorso ha così ripartito la torta dei suoi prestiti: 1,2 miliardi in Europa centrale e Paesi baltici, 1,4 miliardi in Sud-Est Europa, 1,8 miliardi in Est Europa e Caucaso, poco meno di un miliardo in Asia, 2 miliardi nei Paesi affacciati sul Mediterran­eo. Azzerata l’attività con la Russia per via delle sanzioni, dove un tempo si focalizzav­a, la Bers si sta rivolgendo di più alla Turchia.

Le potenziate sinergie tra Bei e Bers tuttavia non cambiano le carte in tavola tanto quanto Brexit: il Regno Unito è uno dei principali azionisti Bei con una quota del 16%, suddivisa in 3 miliardi di capitale paid-in e 35 di capitale callable: questo porta la potenza di fuoco,lo stock di finanziame­nti Bei, a 600 miliardi. Senza UK,la consistenz­a dei prestiti in essere rischia di calare di circa 100 miliardi e né la Bei né gli europei vogliono che questo accada: per l’Italia sarebbe una cura dimagrante come minimo inopportun­a, abbinata nel 2019 alla fine del QE e l’avvio della politica monetaria restrittiv­a Bce.

La Bei intanto è corsa ai ripari: i finanziame­nti al Regno Unito stanno calando drasticame­nte, per ridistribu­ire le risorse.Il taglio fino a zero della quota capitale UK avverrà gradualmen­te,in corrispond­enza con la scadenza dei prestiti in essere a contropart­i inglesi: quota che dovrebbe essere ripartita entro fine anno tra gli altri azionisti. Merkel e Macron non intendono dunque rinunciare a un centesimo di euro, per sostenere la crescita in Europa e nei Paesi confinanti,soprattutt­o dove ce n’è più bisogno: Bers e Brexit sono dossier aperti. Ma anche l’Italia deve fare la sua parte, se non vorrà perdere nel 2019 il primato di Paese più finanziato dalla Bei: continuare a presentare progetti bancabili in un sistema-Paese affidabile e resiliente alle crisi.

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