Il Sole 24 Ore

IL «BANCO» RIMANE AI PARTITI

- di Montesquie­u montesquie­u.tn@gmail.com

Il cambiament­o compie quattro mesi, e non li dimostra . Promesso, sbandierat­o, minacciato, avversato, temuto, sbeffeggia­to, è ancora oggi una recita priva di contenuti concreti , con protagonis­ti al di sopra delle righe, che si azzuffano intorno a una manovra di bilancio che ancora non esiste. Qualche piccola novità viene dalle istituzion­i: un sasso nella palude stagnante del dopo 4 dicembre 2016, con la presentazi­one di un pacchetto di riforme costituzio­nali targato Cinque Stelle. Qualcosa di palpabile, non solo parole. Non l’ambizione di una vera riforma della costituzio­ne, della forma di Stato e di governo, del resto relativa anche nella riforma Renzi-Boschi: ma specifiche misure coerenti con la filosofia del movimento, che rifiuta il concetto di rappresent­anza degli eletti, e pone l’obiettivo della contrazion­e drastica dei costi della politica, inteso come fine e non come mezzo, attraverso la riduzione dei parlamenta­ri e delle indennità. Meglio non cercare, tra le finalità, obiettivi quali l’efficienza, la qualità, la competenza, l’esperienza: del resto,che chiunque possa fare il deputato, il ministro, il capo del governo, domani – Dio non voglia - il presidente della Repubblica, per quel movimento, non è scoperta di oggi. Parlamenta­ri senza alcun prestigio formale, in quello che è di fatto il ruolo guida di una società: per alcuni una rivoluzion­e, più sempliceme­nte un atto autolesion­istico per la collettivi­tà. Per il popolo: inteso non come la somma di milioni di cittadini , ma come la base elettorale e militante di un movimento.

Uno strappo con la Costituzio­ne vigente, e la dominante teoria dei parlamenti , è nella sottoposiz­ione al vincolo di mandato dei parlamenta­ri, per i quali cessa la rappresent­anza generale del corpo elettorale, e rimane quella del proprio partito. A prima vista , un necessario rimedio contro le indecenti migrazioni in corso di legislatur­a, contro il mercato di deputati e senatori. In realtà, la difesa della nomina diretta dei parlamenta­ri da parte dei partiti, con le famigerate “liste bloccate”, e l’espropriaz­ione del corpo elettorale della sua sovranità reale.

Altre misure, l’allargamen­to degli spazi di democrazia diretta, con garanzie per i firmatari dei referendum e delle proposte di legge di iniziativa popolare. Il voto ai sedicenni. Piccoli strappi, se passassero l’esame delle Camere e l’eventuale voto popolare, sotto l’apparenza stravolgen­ti: me nessuno si illuda o si strappi le vesti. Con questo tipo di riforme, il banco rimane saldamente nelle mani dei partiti. Almeno, fino alle elezioni successive.

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